Stalker equiparato a mafioso, scatta la sorveglianza speciale: primo caso a Milano

Misura speciale per pericolosità sociale anche in assenza di condanna, sulla base della riforma del 2017 del codice antimafia

Il tribunale di Milano

Il tribunale di Milano

Milano, 12 ottobre 2018 - Un presunto stalker può essere trattato come un presunto mafioso e gli può essere applicata la misura di sorveglianza speciale per pericolosità sociale anche da imputato e in assenza di una condanna anche di primo grado.

È il principio stabilito, per la prima volta in Italia, da una decisione della Sezione misure di prevenzione, presieduta da Fabio Roia, del Tribunale di Milano sulla base della riforma del 2017 del codice antimafia e nel caso concreto di un filippino accusato di atti persecutori sull'ex compagna. Il difensore del filippino, l'avvocato Alessandro Malvezzi, aveva proposto una questione di illegittimità costituzionale che riguardava proprio «la irragionevolezza dell'ampliamento» delle norme del codice antimafia (con la riforma introdotta con la legge del 17 ottobre 2017) ai «delitti contro la persona», come lo stalking. E lamentava la violazione di alcuni principi costituzionali, come quelli di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità previsti dall'articolo 3 della Carta. I giudici Roia-Tallarida-Pontani nel respingere la questione, e dunque nell'applicare la misura di prevenzione all'uomo non ancora condannato, spiegano che «in un Paese dove circa un quarto degli omicidi volontari riguarda casi di femminicidio, evento terminale spesso preceduto da attività persecutorie poste in essere dall' agente violento, e dove il 77% delle vittime del delitto di atti persecutori risultano di sesso femminile, non appare certamente irragionevole o irrazionale, su un piano di lettura costituzionale, l'avere introdotto da parte del legislatore un ulteriore strumento di tutela sociale». E ciò per fare in modo di contenere «forme di pericolosità diffusa da accertare secondo i parametri probatori».

A carico del filippino, infatti, scrivono i giudici nel decreto, ci sono «gravi indizi di colpevolezza» già valutati dal gip che ha disposto per lui l'arresto (è ai domiciliari). L'uomo, dunque, non potrà frequentare i luoghi «normalmente frequentati» dall'ex compagna. Questa è una delle tante prescrizioni della misura di sorveglianza speciale della durata di un anno e mezzo emessa a suo carico.

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