Sport, ottomila lavoratori a rischio povertà

Sfruttamento in palestra, ore non pagate e guerra fra precari: boom di casi davanti ai sindacati. In 900 dovranno restituire il bonus

Una protesta davanti a San Siro

Una protesta davanti a San Siro

Milano, 20 ottobre 2020 - Una lavoratrice con un contratto di 20 ore settimanali costretta a lavorarne 52 per coprire più turni alla reception di una palestra milanese, con straordinari pagati quando va bene con un finto rimborso spese. Dipendenti lasciati in cassa integrazione a oltranza e, nel frattempo, sostituiti in impianti e palestre da collaboratori sportivi con paghe più basse. Ore non pagate, abuso degli ammortizzatori sociali e d’altra parte ritardi nell’erogazione.

L’emergenza sanitaria, come emerge anche dai casi approdati in questi giorni davanti ai sindacalisti della Cgil, ha scatenato una "guerra tra poveri" nel settore dello sport amatoriale e dilettantistico, con lo spettro di lockdown che potrebbero gravare ancora di più sulle spalle dei lavoratori. Solo a Milano il settore conta circa ottomila addetti, fra dipendenti diretti e collaboratori sportivi autonomi, che si guadagnano da vivere in piscine e palestre, allenano bambini e ragazzi, insegnano ginnastica o arti marziali. "C’è una grande preoccupazione – spiega Francesco Aufieri, segretario generale della Slc-Cgil di Milano – il bene primario deve essere la tutela della salute dei cittadini ma chiediamo che, qualsiasi cosa succeda, venga garantito un aiuto concreto alle strutture e ai lavoratori. Il bonus di 600 euro per i collaboratori sportivi non basta più". Alcuni attendono ancora l’erogazione per il mese di giugno.

Circa quattromila in Italia, 800-900 solo in Lombardia, dovranno invece restituire l’indennità per irregolarità nella domanda. Secondo una email recapitata loro da Sport e Salute, la partecipata del ministero che sta gestendo l’erogazione, al momento di compilare la richiesta sul sito della società avrebbero indicato – mentendo – un guadagno inferiore a diecimila euro nel 2019, che corrispondono alla soglia (comunque criticata, perché ritenuta troppo bassa) sotto cui si aveva diritto ad accedere con priorità all’indennità.

Intanto le società attendono sviluppi, chiedono di poter ripartire in sicurezza e di scongiurare lockdown che per alcune realtà si tradurrebbero in una crisi irreversibile. "Da noi continuano ad arrivare lavoratori in difficoltà spiega Elisa Rebecchi, che si occupa del settore per la Slc-Cgil – perché un settore già complicato prima della pandemia ora si è trasformato in una giungla. Due casi sono già sfociati in vertenze". Un grido di dolore lanciato da uno dei lavoratori agli sportelli: "Da quando abbiamo ricominciato lavoro senza essere pagato, voglio dimettermi ma almeno cerco di recuperare i miei soldi".  

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