Coronavirus: "Niente partite? Almeno fateli allenare"

Dalla Lombardina all’Afforese, dalla Vigor al Bresso, i genitori delle scuole calcio uniti nel chiedere alla Regione un dietrofront

Mascherine, distanziamento e divisa sociale per i baby calciatori

Mascherine, distanziamento e divisa sociale per i baby calciatori

Milano, 19 ottobre 2020 - Avrebbero dovuto essere in campo, domenica  mattina. Hanno saputo di non poterlo fare sabato, appena svegli. Qualche bambino ha pianto, qualcun altro ha battuto i pugni sul tavolo, tutti hanno chiesto il motivo ai genitori. E loro, i genitori, hanno provato a spiegare ai figli ciò che non riescono a spiegarsi: perché la Regione ha fermato solo lo sport dilettantistico? "Il Covid, già". "Ma almeno ci faranno allenare, vero?". "No ragazzi, partite e allenamenti bloccati almeno fino al 6 novembre". E qui la delusione dei piccoli è pari a quella dei grandi: si chiamano scuole calcio - potremmo estendere il perimetro a tutte le discipline di contatto congelate dal Pirellone - perché insegnano regole. Le regole del gioco ma anche quelle della convivenza e del rispetto. E quanto a regole, le società di base hanno speso soldi per adeguarsi alle normative anti-contagio e permettere ai propri tesserati di allenarsi in piena sicurezza. Come avviene con le classi nella vera scuola (dove la percentuale nazionale di alunni contagiati al 10 ottobre era dello 0,08%), sul campo si lavora a gruppi separati, previa misurazione della temperatura. Se qualche bambino risulta positivo, la squadra si ferma e osserva la quarantena.

È successo, potrebbe risuccedere. "Peccato che Ats non abbia mai fatto i tamponi ai 35 compagni del ragazzino contagiato che così hanno concluso l’isolamento senza certezze", racconta una mamma dell’Afforese, storica società vicina al Milan. Tutto come in primavera, dunque, quando l’ondata fu inattesa. "Allora compresi quelle decisioni - ammette Matteo, papà e dirigente accompagnatore alla Lombardina, scuola calcio Inter. altra radicata realtà cittadina - adesso no: il tempo c’è stato. Sembra un minilockdown rivolto solo ai bambini, tanto non si lamentano, si adattano, si distraggono. Almeno così si pensa. Poi però li trovi la mattina presto al buio a piangere". Come avvenuto sabato scorso.

Il figlio di Giada, Thomas, gioca alla Vigor Milano, al confine tra la Comasina e Cormano. Grazie all’impegno settimanale, perché di sudore si tratta, "sta coltivando l’autostima, tenendo l’adulto come punto di riferimento. Senza ciò, la noia e l’ozio sono in agguato". Lì, a portata di divano, dove è comodo abbandonarsi al sinistro incantesimo di tablet e telefonini.

"Spogliatoi chiusi, ambienti sanificati, mascherine all’entrata e all’uscita, rilevamento della temperatura, borracce individuali e autocertificazioni: al pari delle scuole, le accademie sportive hanno fatto quello che dovevano e i bambini sono encomiabili nel rispettare le regole, pur di allenarsi" . Lo sottolineano i genitori di Andrea, 8 anni, che gioca in Lombardina come il fratello più piccolo. Niccolò e Alessandro di anni ne hanno 12 e vestono con orgoglio la divisa dell’Afforese. Come loro, Matteo desidera tornare al più presto al campo: deve farsi trovare pronto quando gli toccherà di nuovo difendere la porta del Bresso.

Anche Matias indossa i guanti da portiere, pur vantando un bel tiro. "Non abbiamo imparato nulla dal passato", ripete papà Fabio, mentre osserva il figlio chiacchierare con Christian, Riccardo, Andrea e Filippo: i compagni della “Lomba“ che col passare dei mesi si sono trasformati in amici, condividendo fatiche e segreti dello spogliatoio. Quelli che forse conosce solo il loro allenatore, mister Lorenzo. "Da istruttore - chiosa lui - posso dire che avanti così ci troveremo una generazione di ragazzi che a un pallone preferirà il pc".  

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