Strage in tribunale a Milano, i genitori dell'avvocato morto: "Noi, lasciati soli"

Il dolore della madre e del padre di Lorenzo Claris Appiani: "Le vittime trattate come questuanti"

L’avvocato Lorenzo Claris Appiani; aveva 37 anni

L’avvocato Lorenzo Claris Appiani; aveva 37 anni

Milano, 22 ottobre 2018 - Vittime «dimenticate dallo Stato», lasciate sole a gestire rabbia e dolore, lunghi processi e risarcimenti che spesso restano solo sulla carta. Persone «trasparenti», che «danno fastidio perché la società si rende conto di non aver fatto niente per loro», beffate da sconti di pena che dopo una manciata di anni possono far uscire dalla cella chi ha provocato quel dolore. Tre anni e mezzo dopo la strage al Palazzo di giustizia di Milano i genitori dell’avvocato 37enne Lorenzo Claris Appiani, una delle vittime del raid omicida di Claudio Giardiello, sono saliti sul palco del teatro San Babila di Milano, durante il “Mythos Festival”, con l’Unione Nazionale Vittime. Toni pacati, ma concetti che pesano come un macigno. 

Oltre ad Appiani, la mattina del 9 aprile 2015 furono ammazzati a colpi di pistola il giudice Fernando Ciampi e Giorgio Erba, coimputato dell’immobiliarista fallito. Altre due persone rimasero ferite. Giardiello sta scontando una condanna all’ergastolo. E i familiari delle vittime della sua furia omicida, all’improvviso, hanno dovuto fare i conti con il dolore. «Solo dopo la sentenza sull’omicidio di mio figlio mi sono sentita una vittima alle prese con la pena», spiega Alberta Brambilla Pisoni, la madre di Lorenzo, anche lei avvocato. La donna allarga quindi la riflessione sulla giustizia, sull’abbreviato (il rito alternativo che consente all’imputato di ottenere lo sconto di un terzo della pena) che ora si vorrebbe riformare limitandone l’applicazione. «La legislazione è tale che tra riti abbreviati, aggravanti che non vengono riconosciute e attenuanti - sottolinea Alberta Brambilla Pisoni - ci troviamo ad avere condanne a 16 anni di carcere per un “omicidio semplice”. Con le norme di diritto penitenziario, dopo otto anni uno esce dal carcere con la libertà condizionale. Un detenuto viene assistito da psichiatri ed educatori, parlamentari lo vanno a trovare, mentre invece una vittima viene lasciata sola, dà fastidio, viene trattata come un questuante. Le istituzioni sanno di aver abbandonato le vittime - conclude - e per questo le tengono lontane». 

I genitori di Lorenzo Claris Appiani, che hanno organizzato iniziative in memoria del figlio, stanno combattendo una battaglia anche in Tribunale. Hanno intrapreso una causa civile contro il ministero della Giustizia, il Comune di Milano e la società di vigilanza privata All System. Responsabili per la sicurezza negli uffici giudiziari finiti sotto accusa per le falle nei controlli che hanno consentito a Giardiello di oltrepassare i varchi armato di pistola e compiere una strage. Una causa che si scontra anche con i tempi lunghi della giustizia: dopo la prima udienza il procedimento è stato rinviato a marzo 2019. «Il male esiste, è un mostro che germoglia nell’animo umano e porta alcune persone a uccidere i più deboli: una donna, un bambino o un uomo disarmato», riflette Aldo Claris Appiani, padre del giovane avvocato ucciso. «La società sembra voler esorcizzare il male piuttosto che combatterlo - prosegue - si cerca sempre una giustificazione per ciò che accade quando invece le cose sono molto più semplici. L’uomo ha un istinto alla violenza che solo la ragione, lo sforzo della società, possono mitigare».   

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