"Sorpassa chi ha meno titoli: la storia infinita"

La battaglia decennale di Andrea Bulleri, vincitore dell’ultimo ricorso contro il Politecnico. Servono più controlli nelle commissioni

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di Simona Ballatore

"È la storia infinita". Andrea Bulleri, ricercatore, ha vinto l’ultimo ricorso contro il Politecnico di Milano, davanti al Tar della Lombardia. Non è il primo. Ha 50 anni e ha cominciato la sua battaglia nel 2012. "Perché ero stanco di vedermi passare davanti chi aveva meno titoli di me", racconta.

Il Tar in questo caso le ha dato ragione.

"Come in altri casi. Gli atenei cercano di avere norme di regolamento loro, che legittimino bandi in cui vengono inseriti criteri ad hoc. In questo caso c’era l’articolo 7 del regolamento di ateneo. Si passa oltre i titoli e ci si focalizza su aree di ricerca individuali, che sono poi quelle del candidato che deve vincere. E che in questo caso aveva svolto le sue ricerche anche con la presidente della commissione. Praticamente è cresciuto con lei...".

Crede sia un bando cucito su misura per stabilizzare gli interni?

"Non solo. Avevo presentato altri ricorsi simili, uno già al Politecnico, uno contro Roma 3, un altro in Toscana. Bandi fotocopia su una particolare ricerca, basati su regolamenti che vanno in contrasto con l’ordinamento italiano. Sono concorsi finanziati dall’Unione Europea, ma non è che quindi siano diversi al punto da inserire norme per tutelare solo qualcuno. In questo caso in più avevano aggiunto una norma discriminatoria, per la quale valgono i titoli solo degli ultimi cinque anni".

Che secondo il Tar "non risponde ad alcun principio logico, né ad alcuna esigenza effettiva dell’amministrazione". Perché allora?

"Perché come è stato ’titolato’ chi doveva vincere scientemente, si vuole squalificare chi non si vuole che partecipi. In questo caso sono io".

Lei fa parte dell’associazione “Trasparenza e merito“.

"Per forza. Altrimenti da soli è impossibile difendersi".

Altri meccanismi che ha contestato in passato?

"Un candidato non avrebbe potuto neppure partecipare perché non aveva un dottorato di ricerca, ma aveva vinto comunque. Siamo finiti in Consiglio di Stato. A volte poi non vengono pubblicati tutti gli atti, in modo da far fatica a impugnarli".

In un ricorso precedente con il Politecnico però la sua richiesta non è stata accolta.

"Il Tar aveva sollevato eccezioni: perché ero arrivato decimo. Non avrei dovuto quindi impugnare solo il risultato del primo arrivato, ma quelli di tutti e nove. Io ero andato di logica: se credo di avere più titoli del primo, ne ho più dei successivi".

Quando è cominciata la battaglia?

"Dieci anni fa, ora ho 50 anni. Avevo già parecchi titoli, ma non venivano mai riconosciuti. Quando ero forte sul criterio “B“ veniva valutato il criterio “C“. Quando avevo titoli per il criterio “C“ premiavano il “D“. E mi passavano davanti persone meno qualificate".

Che fa ora?

"Ho lavorato a Firenze, a Pisa, nella facoltà di Architettura e Ingegneria, all’estero, nella facoltà di Scienze applicate a Tirana. Ora continuo a fare ricerca a Pisa, ma non insegno più. Intanto faccio altri lavori, devo pure sopravvivere... e vorrei vedere finalmente riconosciuti i titoli che già ho".

Deve cambiare il metodo di reclutamento, a suo parere?

"Non è questione di metodo. Servono controlli, misure per evitare che vengano compiuti questi atti. E, soprattutto, chi viola le norme non può tornare poi imperterrito a fare parte di altre commissioni. Altrimenti non cambierà mai nulla. Il sistema di reclutamento è anche buono, ma non può essere personalizzato da alcuni commissari. Se ne parla, finalmente. Ma non basta parlare. Deve diventare un’occasione per fare riforme a livello universitario".

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