Soldi pubblici spariti, tutto prescritto Ora sotto accusa finisce il Ministero

Fondi a vuoto per un impianto di smaltimento, niente risarcimenti. La Corte dei Conti: colpa dei funzionari Mise

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di Nicola Palma

Quella fabbrica non è mai entrata in funzione. Il progetto di realizzare un impianto industriale per il recupero ecologico di materiale ricavato da auto rottamate non è mai andato in porto. Di più: le indagini hanno accertato che i rifiuti venivano gestiti e stoccati in maniera irregolare. Eppure la società Greenfluff ha preso eccome i soldi dal Ministero dello Sviluppo Economico: 3,45 milioni di euro erogati in capital venture dalla società di gestione del risparmio Quantica. Un maxi stanziamento finito nove anni fa al centro di un’indagine della Procura e ora sotto la lente della Corte dei Conti: per i giudici, la richiesta di risarcimento da 1,225 milioni all’amministratore dell’epoca Diego Giancristofaro è arrivata troppo tardi per essere contestata al’imputato; in compenso, il collegio presieduto da Vito Tenore ha ritrasmesso gli atti ai pm per valutare le eventuali responsabilità di chi al Ministero, non esercitando nei tempi corretti l’azione di rivalsa, ha permesso che tutto andasse in prescrizione.

La storia inizia nel 2006, quando la Christopher Group srl (poi diventata Greenfluff srl) presenta il progetto di smaltimento Car-Fluff, ottenendo la valutazione positiva della Quantica Sgr, "soggetto accreditato presso il Ministero delle Attività produttive". Il piano prevede la costruzione di un impianto industriale a Lainate "volto al recupero di materie primeseconde da frantumazione dei veicoli, tramite una tecnologia a impatto ambientale zero attraverso l’utilizzo di una specifica vasca di flottazione". Arriva l’ok al finanziamento da 3,45 milioni, e la Quantica Sgr acquista quote di Greenfluff per l’ammontare dei fondi stanziati. Nel 2008, la somma scende a 1,225 milioni, dopo che la società di gestione del risparmio ha ceduto il 16,67% della sua partecipazione per un valore di un milione di euro, destinandone la metà al Ministero delle Attività produttive "a parziale restituzione delle somme anticipate". Nel 2013, però, arriva la Guardia di finanza, che accerta che il recupero dei materiali non è mai stato messo in atto, "data l’inidoneità del progetto e dell’impianto". Anzi – evidenziano gli atti che il 3 luglio porteranno all’arresto dell’amministratore unico Giancristofaro, dell’imprenditore Massimo Boldrocchi e di Giuseppe Bisceglia – il materiale in uscita, dopo le presunte lavorazioni, "rimaneva un rifiuto pericoloso, smaltito in siti non idonei". L’inconsistente castello di carte crolla in un amen. Nel 2014, la Greenfluff viene dichiarata fallita. Il 10 aprile 2015, Giancristofaro patteggia un anno, dieci mesi e dieci giorni di reclusione. Poi arriva la Procura della Corte dei Conti, che l’11 ottobre 2021 cita Giancristofaro e il fallimento della Greenfluff per ottenere il risarcimento di 1,225 milioni di euro, pari al danno patrimoniale subìto dal Ministero dello Sviluppo economico.

Il manager cinquantunenne si costituisce in giudizio, difeso dagli avvocati Federico Sinicato e Alessandra Blasi, eccependo in via preliminare la prescrizione dell’azione di responsabilità e sostenendo che il primo atto interruttivo sia rappresentato dall’atto di costituzione in mora della Procura, datato 7 agosto 2020, "ben oltre i cinque anni" dal giorno che segna l’inizio della vicenda giudiziaria, il 26 settembre 2012. Una tesi accolta dai giudici, che hanno stabilito che "l’unico legittimato a interrompere la prescrizione dell’azione di responsabilità era il titolare del diritto, ossia l’ente danneggiato Mise, per la quota di sua competenza". Peccato che il Ministero sia "rimasto inerte, pur avendo ricevuto notizia dalla Guardia di Finanza fin dal 2013". Un’inerzia che ha "causato un danno erariale costituito dalla prescrizione". E ora di quell’inerzia saranno chiamati a rispondere i funzionari che non ha fatto nulla per anni, generando un incredibile paradosso: rischiano di dover pagare i soldi al posto di Greenfluff. A chi? Sempre al Mise.

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