Suicidi fra i giovanissimi, l'esperto: "I social creano ansia e depressione"

"Con il Covid è cresciuto il malessere dei ragazzi, la scuola li deve aiutare"

Tanti suicidi fra i giovanissimi

Tanti suicidi fra i giovanissimi

«Educare i ragazzi sull’utilizzo dei social e aprire sportelli d’ascolto nelle scuole. Ma subito, per prevenire altre tragedie. Quanto accaduto a Milano è il segno di un malessere che tocca gli adolescenti di tutto il Paese. I fragili che non hanno adulti di riferimento nel mondo ‘reale’ sono a rischio, soprattutto in questo periodo di pandemia che dura da un anno e mezzo e non è ancora finito". Romano Pesavento, insegnante di Diritto ed Economia, ora docente in una scuola media di Crotone, è il presidente del Coordinamento nazionale docenti della disciplina "diritti umani", con sede a Lucca, e che raccoglie insegnanti da più città (la pagina Facebook di riferimento è seguita da 6mila persone). Il movimento si è espresso sui due suicidi di giovanissimi, più un terzo tentato, che hanno scosso Milano lunedì, primo giorno di scuola. Qual è la sua prima riflessione a riguardo? "Nessuno ancora conosce cosa ci sia dietro questi gesti estremi ma, di sicuro, la sofferenza e il malessere giovanile durante le restrizioni anti Covid sono aumentati notevolmente. Pediatri e medici hanno più volte sottolineato quanto l’isolamento e la dipendenza dai social usati in modo inappropriato possano nei soggetti più predisposti generare ansia, depressione, pessimismo nei confronti delle proprie possibilità e del futuro". Come la scuola può intervenire? "Lavorando per far nascere (o recuperare) nei ragazzi la fiducia in se stessi. Le difficoltà, che nell’adolescenza sembrano insormontabili, possono generare terrore se affrontate nella solitudine e nel silenzio. La scuola deve aiutare a far crescere la consapevolezza di sé, deve far capire ai ragazzi che ciascuno è unico e ha valore, in un momento in cui la vita sembra essere diventata una questione di ‘like’, in cui si cerca di conquistare più seguaci virtuali che amici ‘veri’". Quindi cosa suggerisce? "Di attivare o potenziare sportelli di ascolto tutto l’anno nelle scuole italiane, stipulando eventualmente un protocollo d’intesa con l’Ordine nazionale degli psicologi, per consentire agli studenti desiderosi di un aiuto di esprimere i propri dubbi e il proprio disagio interiore. A livello ministeriale occorre pensare a un investimento per proteggere i ragazzi. Accanto alle norme per evitare i contagi, giustissime, dovrebbero esserci anche dei supporti psicologici". E voi docenti, nelle classi? "Dobbiamo intervenire educando i giovanissimi all’uso corretto dei social. È una battaglia di educazione civica. Spesso i ragazzini hanno profili social già a 11 anni (anche se non potrebbero): li creano falsi, alterando i dati. E poi con chi interagiscono? Potrebbero incontrare chiunque e sono facilmente manipolabili. I ragazzi faticano ad accettare le regole: pensano quasi siano un ‘dispetto’ degli adulti per impedire loro di fare qualcosa. Ecco: parliamo con loro, spieghiamo perché certe regole esistono. Devono capire che possono fidarsi degli adulti di riferimento, in famiglia e a scuola, i quali sono lì per loro, anche per proteggerli da un mondo esterno, pure virtuale, che potrebbe danneggiarli se non vissuto nel modo giusto".