Smart working, da domani 1 settembre si cambia: cosa succederà a Milano

Dopo l’emergenza il lavoro agile proseguirà nel 90% delle imprese di servizi: grattacieli ancora semivuoti. Il “padre“ della legge: flessibilità strutturale

Le torri di Milano

Le torri di Milano

Milano - Il caso più estremo è quello di PagoPa, con un lavoro agile declinato ai massimi livelli per i circa 220 dipendenti dell’azienda controllata dal ministero dell’Economia che gestisce le piattaforme di pagamento verso la pubblica amministrazione. Nessun obbligo di presenza, orari flessibili, un’organizzazione per obiettivi e l’intesa con una rete di coworking che permette di connettersi e lavorare a distanza in spazi adeguati.

La fine dello smart working d’emergenza (il ministero del Lavoro vorrebbe prorogarlo fino al 31 dicembre solo per i lavoratori fragili e per i genitori di figli con meno di 14 anni) vede la stragrande maggioranza dei grandi uffici milanesi - banche, assicurazioni, sedi di multinazionali e società di servizi - proseguire con il lavoro agile attraverso accordi già siglati o in fase di firma per fissare regole e paletti. In media due giorni alla settimana di lavoro a distanza e un sostanziale ritorno in ufficio, ma una nuova spinta verso lo smart working potrebbe arrivare in autunno. Questa volta più che per i contagi per effetto dell’aumento dei costi dell’energia. "Dalle nostre rilevazioni lo smart working è diventato strutturale nella maggior parte delle imprese milanesi e regolato tramite accordi", spiega il giuslavorista Maurizio Del Conte, “padre” della legge 8117 sul lavoro agile. "La crisi energetica potrebbe portare nei prossimi mesi a una spinta verso una ulteriore flessibilità – prosegue – con l’obiettivo di applicare risparmi sui costi di mantenimento degli uffici".

Potrebbe aprirsi quindi un nuovo fronte. Da una parte lavoratori incentivati a lavorare da casa, risparmiando su pause pranzo e trasporti dopo l’impennata dei prezzi. Dall’altra la necessità di meccanismi per evitare che i costi energetici si scarichino, d’inverno, sulle spalle dei dipendenti. L’altra faccia della medaglia sono mega uffici, come le torri di CityLife, occupati solo per metà. Spazi vuoti che potrebbero essere affittati ad altre aziende, in un mercato milanese degli uffici che ha resistito alla pandemia ed è in una fase di espansione. Nel primo trimestre del 2022, secondo i dati di Assolombarda, otto imprese milanesi su 10 avevano almeno un dipendente in smart working, per un numero di dipendenti coinvolti pari al 22% del totale. La percentuale più elevata tra le imprese dei servizi, 91%, a fronte del 79% rilevato nell’industria. Dati che si sarebbero consolidati con la fine dello smart working d’emergenza.