Smart working d’emergenza? Promosso con voto 8

I colletti bianchi lo apprezzano e non vogliono tornare indietro. "Ma troppa solitudine e scarsa formazione"

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Smart working promosso con voto 8 dagli impiegati delle ditte del settore metalmeccanico e dell’informatica, che continuano a usufruire del lavoro a distanza “d’emergenza“ avviato quando è scoppiata la pandemia e prorogato fino al 30 giugno. Un’esperienza da non chiudere nel cassetto, anche se sono emerse non poche criticità. Il quadro traspare da una corposa ricerca, con questionari online, realizzata dal sindacato Fim Cisl, Adapt e Università Cattolica. Lo studio ha riguardato oltre cinquemila lavoratori del settore metalmeccanico, per il 65% uomini e di un’età maggiore 45 anni per oltre la metà del campione ( 52%), di questi, quasi il 60% laureato e residente nel nord-est del Paese, in larga misura lavoratori con contratto a tempo indeterminato, per il 95% impiegati o quadri, il restante 5% operai. Il 62% dei lavoratori è occupato in grandi aziende sopra i 500 dipendenti, prevalentemente nei comparti dell’aerospazio, dell’Ict, della produzione di software e nell’automotive. L’80% dei lavoratori coinvolti nella ricerca ha affermato di aver cominciato l’attività in lavoro agile per la prima volta con la pandemia. Nello studio, pur in un quadro di generale apprezzamento dello smart working, emergono alcune criticità. Il 65% dei lavoratori non ha partecipato a corsi di formazione; il 59% ha lavorato spesso oltre gli orari; il 61% non ha avuto informazioni circa il diritto alla disconnessione, anche se solo il 12% si ritiene pressato dall’azienda nella gestione della prestazione lavorativa; il 38% dei lavoratori non ha ricevuto informazioni scritte sugli adempimenti in materia di salute e sicurezza; il 78% non ha avuto appositi benefit aziendali. Ma quello che emerge dai dati fini qui raccolti è che lo smart working appare, nella valutazione delle persone, come una modalità di lavoro per lo più flessibile e produttiva.

Lo stesso è rapportato soprattutto a "piacere di lavorare" per il 17% degli intervistati, opportunità di stare più con i figli per il 14%, maggiore concentrazione per il 21%, anche se vi sono evidenze di solitudine per il 10%. Manca molto il rapporto con i colleghi per il 25%. Circa la possibilità di continuarlo, il 58% risponde che preferirebbe modalità ibride di 23 giorni alla settimana in lavoro agile, mentre il 28% lo vorrebbe per sempre e tutti i giorni. Il voto medio che i lavoratori danno a questa esperienza di lavoro agile da 1 a 10 è 8. "È dalle criticità che dovremo partire per gestire e migliorare la modalità – spiega Roberto Benaglia, segretario generale della Fim-Cisl – criticità che riguardano soprattutto il fatto che molte aziende hanno cominciato questa modalità lavorativa solo con l’emergenza sanitaria. Su questo fronte è chiaro che il lavoro agile chiede nuove soluzioni contrattuali e condivise".

Andrea Gianni

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