Silvia rapita in Kenya, il caos degli avvistamenti

Silvia Romano

Silvia Romano

Milano, 30 novembre 2018 - Silvia è viva. Silvia è ancora nella foresta, ma i rapitori sono circondati. Silvia è stata vista lungo il fiume Tana. Silvia, costretta a portare il velo con il volto imbrattato di fango, per passare inosservata. Si moltiplicano avvistamenti, annunci e “rivelazioni” sul caso della cooperante milanese di 23 anni, rapita lo scorso 20 novembre nel villaggio di Chakama, dove faceva volontariato fra i bambini seguiti dalla Onlus “Africa Milele”. Le forze dell’ordine keniote, le diverse autorità locali, fanno trapelare continue novità, facendo anche capire che la ragazza potrebbe essere presto ritrovata. Accanto alla polizia, l’esercito dell’ex colonia britannica, che sta setacciando l’area della foresta a nord della capitale Malindi, supportata dalle forze dell’intelligence italiana spedita da Roma ad affiancare gli sforzi dell’esecutivo locale. «È ancora nella foresta, nei pressi del fiume Tana», riferiscono fonti vicine all’inchiesta. «I rapitori sono circondati ed è difficile che possano avanzare verso la Somalia, dove probabilmente erano diretti».

Proprio il fiume Tana segna il confine fra i due Stati, nel territorio dove è forte la penetrazione del gruppo degli Shabaab, gli estremisti islamici attivi nell’ex colonia italiana. Da Lamu, il capoluogo del distretto costiero più vicino alla Somalia, le ricerche si sono estese all’entroterra. L’esercito avrebbe steso un cordone di sicurezza - impossibile capire quanto solido - per scoraggiare, se non impedire la fuga dei rapitori oltreconfine.

Del commando che ha compiuto il blitz e di come il sequestro sia stato messo a segno, intanto, si sa praticamente tutto. Silvia sarebbe stata costretta a indossare un niqab, il velo islamico, con il viso e le mani sporchi di fango per nascondere le sue origini e passare inosservata. E sempre per non farla riconoscere, i suoi carcerieri le hanno tagliato le treccine, già ritrovate domenica dagli abitanti delle zone dove si concentrano le ricerche, nella foresta a nord di Malindi. Altri avvistamenti e segnalazioni sono arrivati sul tavolo delle autorità dalle popolazioni che vivono fra Garsen, dove ha sede il quartier generale delle forze di ricerca e dove gli agenti italiani si trovano, e l’area di Bombi. Elementi utili arrivano anche dalle ammissioni delle persone arrestate, 14 solo nelle prime ore, cui si sono aggiunti il suocero e la moglie di una delle persone ricercate, intercettata durante una conversazione telefonica. «Ore decisive», le definiscono in Kenya, mentre la famiglia della ventitreenne milanese rimane appesa alla speranza che l’esito di questa vicenda sia positivo.

Intanto scatta la mobilitazione nella città. Palazzo Marino ha posizionato ieri mattina davanti all’ingresso del Municipio un totem con l’immagine della ragazza e la scritta «Silvia Romano Libera». Consiglieri comunali di quasi tutti i gruppi rappresentati nell’assemblea locale erano presenti in piazza Scala. La proposta di un’immagine che potesse testimoniare la vicinanza di Milano all’angoscia della famiglia Romano è passata attraverso una mozione appoggiata dalla gran parte dei movimenti rappresentati. «È un dovere stare dalla parte di una propria cittadina, una giovane volontaria e professionista del sociale che ci sembra rappresenti la meglio gioventù – ha detto il presidente del Consiglio comunale Lamberto Bertolè – e ha senso che si senta la vicinanza, l’affetto e la preoccupazione di tutta la città. Speriamo che sia di buon auspicio».

 

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