Milano, seviziato e ammazzato dai pusher: ha pagato caro l’aiuto ai carabinieri

A cinque anni dall’omicidio del 36enne ergastolo in Cassazione a padre e figlio

Il luogo in cui è stato trovato morto Glenn Padilla Villamar, a Novate Milanese

Il luogo in cui è stato trovato morto Glenn Padilla Villamar, a Novate Milanese

Milano, 8 aprile 2020 - I suoi assassini, spacciatori, avevano scoperto che era diventato un collaboratore dei carabinieri della Compagnia Duomo, che all’epoca stavano indagando su un gruppo di pusher di crystal meth. Da lì la sentenza di morte, orribile: prima i pugni e i colpi in testa con una mazza, poi l’incaprettamento in stile mafioso, con mani e piedi legati da una corda passata anche attorno al collo. Quanto basta per rendere lunga e dolorosa l’agonia del trentaseienne filippino Glenn Padilla Villamar.

A distanza di cinque anni dal pomeriggio di sangue del 26 gennaio 2015, la Cassazione ha scritto la parola "fine" alla vicenda giudiziaria: Luigi e Davide Ruvolo, padre e figlio rispettivamente di 61 e 37 anni, sono stati condannati in via definitiva all’ergastolo per omicidio aggravato dalla crudeltà e distruzione del cadavere. La sentenza chiude il cerchio, individuando con certezza tutti gli esecutori materiali del delitto, visto che già nel novembre 2018 era arrivato il verdetto in abbreviato per gli altri tre complici, tutti connazionali della vittima: 16 anni e 8 mesi a John Carlo Lardizabal, 16 anni a Pascual Buidon e 14 anni e 8 mesi a Chester De Mesa.

Dopo l’omicidio, i killer avevano messo il corpo in un furgone e lo avevano trasportato in un campo di Novate Milanese, dove lo avevano bruciato per cancellare le tracce e renderne difficoltosa l’identificazione. Solo il polpastrello di un dito si salvò dal rogo, da quella traccia i militari del Gruppo di Monza erano comunque riusciti a risalire pian piano alle persone coinvolte nell’eliminazione di Villamar.

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