Il Sesto d'Oro a Piero Nava, primo testimone di giustizia della Repubblica

L'agente di commercio, originario di Sesto, si trovò ad assistere all'omicidio del giudice Livatino: la sua verità portò all'ergastolo dei killer

Rosario Livatino

Rosario Livatino

Laura Lana Sesto San Giovanni (Milano), 15 giugno 2021 – Il Sesto d'Oro 2021, la massima benemerenza cittadina, andrà a Piero Nava, il primo testimone di giustizia che può annoverare la Repubblica italiana. Originario di Sesto San Giovanni, dove l’altra sera è stato presentato il libro “Io sono Nessuno”, che ripercorre la sua storia. La cerimonia sarà organizzata, come da tradizione, durante la festa patronale del 24 giugno. “Siamo orgogliosi che il nome di Piero Nava sia legato a quello della nostra città – commenta il sindaco Roberto Di Stefano -. Un grande uomo che non si è voltato dall'altra parte di fronte agli assassini del giudice Rosario Livatino, un eroe senza volto che non verrà mai dimenticato, un esempio soprattutto per le generazioni future. La benemerenza civica a Piero Nava rappresenta un ulteriore segnale di legalità e rispetto delle istituzioni democratiche del nostro Paese contro ogni mafia”. Piero Nava, a oltre 30 anni di distanza dall’omicidio di Livatino, vive ancora in incognito, sotto falso nome e senza la possibilità di apparire in pubblico. L’altra sera è intervenuto telefonicamente durante presentazione del libro. “È un onore per me ricevere la benemerenza civica. Ricordo bene Sesto San Giovanni, qui ho fatto le scuole, andavo all’oratorio, giocavo alla Rondinella. Viale Matteotti, viale Casiraghi, piazza Petazzi, l’oratorio San Luigi”, ricorda Nava, che lancia un appello ai giovani. “Ci sono momenti nella vita in cui hai un’unica scelta da fare: ho dovuto abbracciare una croce e portarla avanti ma non è stato un problema, non avrei avuto più rispetto di me stesso se non avessi raccontato ciò che avevo visto. Non bisogna girarsi dall’altra parte: spero che questo sia l’insegnamento per i ragazzi. Io non sono un eroe, ho solo fatto il mio dovere e lo rifarei ancora. Pentirsi significherebbe perdere il rispetto di me stesso. L’indifferenza è il male della società”. Agente commerciale di una ditta del Nord Italia, il 21 settembre 1990 sta percorrendo la strada tra Enna e Agrigento per raggiungere un cliente. Pur guidando una Lancia Thema fiammante, va piano per un problema a una ruota. Prima due ragazzi su una moto da cross lo superano sgommando, poi dietro la curva una Fiesta incidentata e quello che sembra una rissa: un terzo individuo, le pistole, l’uomo della macchina che fugge giù dalla scarpata, gli altri che lo inseguono. Nava pensa a una rapina e cerca subito qualcuno della polizia. Poco dopo, in commissariato apprende che quello a cui ha testimoniato è il feroce omicidio di un giovane giudice coraggioso, Rosario Livatino, 38 anni e già 12 di servizio, che è stato beatificato un mese fa. Quel giorno è Giovanni Falcone a far intuire a Nava che lui e la sua famiglia si trovano in estremo pericolo: devono nascondersi, anzi meglio sparire, soprattutto se lui confermerà la sua preziosa testimonianza. La sua verità porterà i killer mafiosi all’ergastolo. Ha inizio così la vita eroica e dedita alla giustizia: ha collaborato con la Commissione Antimafia, contribuendo anche a scrivere la legge del 2018 che definisce la figura del testimone di giustizia, prevedendo adeguate tutele.  

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