
Imprenditore indicava i nomi dei connazionali, viaggi e soldi ai poliziotti . Per la “compravendita” gli agenti avevano già patteggiato da uno a tre anni.
Per la compravendita di permessi di soggiorno in cambio di denaro, viaggi, pasti in ristoranti esclusivi e abbigliamento, due poliziotti avevano già patteggiato le pene di uno e tre anni. Ieri è arrivata la condanna per corruzione e reati legati all’immigrazione a 9 anni di reclusione per H.A., l’imprenditore egiziano che indicava i nomi dei connazionali bisognosi dell’agevolazione delle pratiche per avere il diritto di restare nel territorio italiano. A concordare già nel 2022 i patteggiamenti con la pm della Procura di Monza Franca Macchia, titolare delle indagini della questura di Milano, dopo avere offerto anche un risarcimento in denaro, erano stati un assistente capo del Commissariato di via Fiume, D.G. e un altro poliziotto, R.S. Un altro poliziotto accusato di un reato minore aveva invece ottenuto la messa alla prova a lavori socialmente utili. Era il gennaio 2021 quando è stata eseguita l’ordinanza di custodia cautelare della gip del Tribunale monzese Silvia Pansini, con l’assistente capo e l’imprenditore egiziano agli arresti domiciliari mentre all’altro agente, ex appartenente della polizia di Stato non più in attività, era stata notificata l’interdizione all’esercizio di pubblico servizio per un anno. I due poliziotti e l’imprenditore erano accusati a diverso titolo di reati in materia di immigrazione e corruzione, di fraudolento danneggiamento di beni assicurati e istigazione alla corruzione.
I fatti contestati risalivano al triennio 2014-2016, periodo in cui gli agenti erano in servizio al Commissariato di Sesto San Giovanni. Le indagini, condotte tra il 2016 e il 2017 e partite da alcuni documenti sospetti scoperti nell’iter del rilascio dei permessi di soggiorno, hanno fatto emergere il contesto di corruzione in cui operavano i due poliziotti servendosi dell’ausilio dell’egiziano.
È poi emerso che l’assistente capo, quello che ha accumulato il maggior numero dei capi di imputazione e che ha concordato la pena più alta, aveva anche partecipato a una frode assicurativa redigendo false annotazioni per simulare che fosse avvenuto un furto in un negozio, oltre a corrompere un altro collega perché scrivesse un atto falso. Reati minori di cui erano accusati una mezza dozzina di altri imputati che però sono stati cancellati dalla scure della prescrizione perchè ormai troppo datati o per cui i giudici del Tribunale di Monza hanno deciso per l’assoluzione.