Sesto, senza minareto e biblioteca, la moschea resta in via Luini

Il Piano di Governo del Territorio dell'amministrazione Di Stefano conferma l'area del Restellone come l'unico luogo in cui potrà nascere una nuova attrezzatura religiosa

Musulmani in preghiera

Musulmani in preghiera

Laura Lana Sesto San Giovanni (Milano), 9 giugno 2021 – La moschea torna nel dibattito sestese, dopo che nella notte, è stato approvato dal consiglio comunale il nuovo Piano di Governo del Territorio. Che fotografa la situazione attuale: in via Luini è confermato un diritto di superficie per la realizzazione futura di una nuova attrezzatura religiosa. Tradotto: la sede che la comunità islamica aspetta da 20 anni non è stata cancellata. “Il documento conferma un diritto esistente – spiega l’assessore all’Urbanistica Antonio Lamiranda -. Del resto, non possiamo andare contro la sentenza del Consiglio di Stato che aveva stabilito che la convenzione in essere con il Comune non è decaduta, a differenza del permesso a costruire”.

La comunità islamica già da anni ha concluso su quel terreno pubblico, ceduto per 50 anni, le bonifiche dei suoli, seppur in ritardo con le certificazioni. All’insediamento del sindaco Roberto Di Stefano, ormai 4 anni fa, la tegola con lo stop per avviare qualsiasi cantiere. I fedeli fino a oggi sono rimasti in un prefabbricato – una serie di container allineati – posto nel 2015 nell’area accanto, dove doveva sorgere una moschea di 2.450 metri quadri complessivi con casa dell’Imam, biblioteca, ristorante, minareto e cupola d’oro. “Abbiamo deciso alcune prescrizioni. Ad esempio l’altezza massima degli edifici sarà di 10 metri, senza minareti, sarà aumentata del 200% la dotazione dei parcheggi rispetto alla superficie dell’immobile, per 1.400 metri quadrati di stalli”. Il volume complessivo viene fissato a 700 metri quadri, “ovvero massimo 300 persone, vietando spazi per dopo lavoro, biblioteche e commerciali come previsto nel precedente progetto”.

Di Stefano canta vittoria. “Si metta il cuore in pace la sinistra: con noi Sesto non diventerà mai la Mecca d’Italia e la grande moschea è stata cancellata. I sestesi possono stare tranquilli”. L’acceso dibattito in aula è continuato per tutto il giorno tra comunicati e dichiarazioni sui social. “Non prendiamo in giro i cittadini e soprattutto quelli di via Luini. In campagna elettorale e una volta eletta questa Giunta ha continuato a dire che non la grande moschea, ma la moschea non sarebbe stata fatta. E che la tensostruttura sarebbe stata chiusa, perché abusiva – ha ricordato l’ex sindaco Monica Chittò -. Oggi quella piccola è attiva e quella definitiva è stata inserita nel Pgt”. Anche il Pd rileva la contraddizione. “Dice che non si farà, poi descrive dettagliatamente come sarà. Dopo quattro anni di governo siamo ancora allo stesso punto: da una parte la Lega che urla slogan, dall'altra i problemi, i temi importanti e i bisogni della città. Consideriamo il diritto di culto una questione troppo seria per essere strumentalizzata in questo modo bieco e calcolatore”. Una vicenda annosa, nata nel 2012, sotto la Giunta Oldrini, quando la maggioranza del consiglio decise la concessione del terreno degradato di via Luini al centro islamico.

“La moschea c’è e sarà pure più grande, perché la sala di preghiera del progetto originale aveva metratura inferiore – denuncia Paolo Vino, Giovani Sestesi -. Il giudice è sempre stato chiaro: il diritto di culto deve essere garantito e nessuna norma urbanistica può sovrastare questo diritto. Che il sindaco della Lega non voglia la moschea a Sesto è un conto, ma il Pgt che lui e la sua maggioranza hanno approvato dice esattamente l'opposto”. Il Consiglio di Stato nel 2019 invitava l'amministrazione a sedersi a un tavolo con la comunità musulmana per trovare una soluzione condivisa nel rispetto di un diritto riconosciuto. I primi incontri, anche con l’intermediazione della Prefettura, ci sono già stati. Il Comune potrebbe tornare a una delle opzioni di anni fa, che più volte venne sollecitata all’ex sindaco Giorgio Oldrini da parte del comitato residente: spostare l’edificio di culto oltre il ponte, in un’area che però a oggi resta col bollino di distretto artigianale. Resta poi la partita delle bonifiche già pagate dal centro islamico. “Rivedendo ubicazione e volumi è ovvio che si dovrà compensare quell’investimento con i 320mila euro di oneri che la comunità deve ancora versare al municipio. È anche ovvio che si dovrà fare una nuova convenzione”, conclude Lamiranda. 

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