"Sem indrée un car de rèff": distanza infinita

Emilio

Magni

Basta, sem indrée un car de rèff. Fermemes: questo l’accorato desiderio, pressappoco un ordine, espresso dal Cesarino che assieme ad alcuni amici del bar aveva accolto l’invito del "gruppo anziani" della locale sezione del Cai di partecipare a una bella escursione con meta un rifugio in quota sulle Prealpi lombarde. A metà circa della salita, Cesarino però ha capito di non "avere più la gamba" e quindi di dover rinunciare all’impresa, in quanto era ancora assai lungo il percorso per raggiungere il benedetto rifugio. Gli ha dato subito ragione il Carletto: "Sem indrée amò propri un car de rèff. Fermiamoci". Ha poi aggiunto che non c’erano problemi di nutrimento perché gli zaini erano colmi di vettovaglie e quindi ci si poteva proprio sostare all’ombra nel bosco, dove per altro correva un allegro torrentello di acqua limpida, sicuramente buona per dissetarsi. Secondo il Carletto, pure lui a corto di energie deambulatorie: "El rifugio el po’ sta su da parlù". La capanna meta dell’escursione po’ starsene su tranquillamente da sola. Per far presente che la salita alla capanna era ancora molto lunga e faticosa, Pierino ha tirato in ballo un antico modo di dire, una di quelle metafore semplici con cui il nostro bel dialetto esprime un pensiero con una semplice battuta. Proprio qui sta la chiara immediatezza del dialetto, un valore e una qualità di cui magari l’italiano non dispone. Ma cosa c’entrava un "carr pien di rèff"? Un tempo si usava il termine refe per indicare il filo che i sarti usavano per imbastire gli abiti. Essere indietro un carro di refe significava dunque essere in ritardo di una distanza infinita, di una vita intera. La locuzione era adoperata anche per indicare quegli individui poco fortunati, un po’ tardi di comprendonio: soggetti verso i quali oggi, fortunatamente, si usano definizioni molto meno violente. Ma talvolta il dialetto, oltre che possedere tante belle doti, era anche spietato: nella sua sintesi estrema e nella sua rude chiarezza.

emiliomagni@yahoo.it

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