Se si dimentica la rigenerazione fatta dai privati

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Federico Filippo

Oriana*

Il Comune di Milano ha approvato una delibera che mitiga per le imprese edili negli appalti pubblici la recente esplosione dei costi delle forniture: ottima idea, ma non si vede analoga iniziativa in favore delle realizzazioni immobiliari private. È noto che l’eccezionale impennata dei costi dell’edilizia - dall’energia ai materiali- blocca la rigenerazione urbana a Milano. Alcune importanti società di sviluppo immobiliare nostre socie hanno preferito restituire le caparre ai clienti e rinviare sine die l’appalto dei lavori per realizzare un edificio i cui appartamenti erano già stati tutti venduti sulla carta. Il danno per la città è enorme. Prima di tutto sul piano abitativo, perché servono a Milano 50.000 nuovi alloggi, se ne costruiscono normalmente meno di 3.000 l’anno e se non si possono fare nemmeno più quelli alla gente mancherà la casa. Inoltre a tutti mancherà la rigenerazione urbana, con quanto questa significa in termini ambientali e di qualità della vita: nella brillante Milano sono stati censiti otre 200 siti abbandonati e forse sono molti di più. Le principali metropoli italiane si stanno impegnando in progetti di rigenerazione urbana pubblica e Milano non fa eccezione (pensiamo alle strutture olimpiche): il fenomeno è positivo e lo incoraggiamo. Ma non è sufficiente. Perché in una Milano nella quale centinaia di aree ex-industriali sono state dismesse, il numero e la dimensione dei siti da recuperare è così elevato che occorre l’intervento del capitale privato, intervento che dovrebbe essere sostenuto, specie in momenti difficili come questi. E questo Aspesi chiede accoratamente di fare alla nuova Amministrazione del Comune di Milano.

* Presidente Aspesi

Unione Immobiliare

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