Se anche la pasticceria Cova bussa alla porta

Servizio esteso a domicilio anche per il più “aristocratico” dei locali simbolo in Montenapo "Bello rivedere i nostri clienti"

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Un virus pericoloso, infido. E pure sgarbato: uno schiaffo alla vita ma anche al buon gusto. Lo ammette lei stessa: "Che orrore plastificare i menù e riempire le nostre belle sale con copri sedili usa e getta". Come darle torto? Paola Faccioli è il ceo di Cova, luogo-mito dell’arte bianca costretto a rimediare all’emergenza Covid con protocolli igienico-sanitari che fanno a pugni con la raffinata estetica della celebre patisserie meneghina. Tant’è. "Almeno abbiamo riaperto: dopo 70 giorni non ce la facevamo più a tenere abbassate le saracinesche". Non ce la facevano più nemmeno i clienti più affezionati che sono tornati a invocare un caffè o un cappuccino, non fosse altro che per rivolgersi alla signora Paola ed esclamare "che bello rivederLa, ci siete mancati". Corsi e ricorsi. Era già successo nel 2017 quando Cova aveva chiuso, anche allora per quasi 3 mesi, ma in quell’occasione era diverso.

"Si trattava di un restiling del locale: ci aveva permesso di valorizzare al meglio il dehors nella corte interna", ricorda il ceo di una maison che dal 2013 vede la holding francese LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy) controllare l’80% delle quote societarie ma che non ha tolto alla famiglia Faccioli il diritto di mantenere parte del marchio e di tenere viva la tradizione nella secolare cioccolateria-pasticceria. L’atmosfera? Immutata nella sostanza: un lusso ricercato, ma mai sfacciato. Anche se, certo, fa specie, dalle 9,30, mettersi sull’attenti davanti al termo-scanner che misura la temperatura corporea di dipendenti e avventori, e accedere alla prima sala, a sinistra del banco, svuotata e priva di posti a sedere, perché il distanziamento sociale non ammette deroghe.

Meglio nelle due salette successive e nel dehors: lì almeno è possibile accomodarsi e apprezzare il famoso servizio Cova. Ma intanto, la produzione è calata e si è ridotto di due terzi anche l’utilizzo dei dipendenti rispetto al pre-Covid. Dieci varietà di brioches? Per ora solo due. Ed è analoga la sorte dell’alta pasticceria, anche se i best seller non mancano, tipo "Aurora" e "Sacher". E adesso? "Ovviamente speriamo di recuperare i volumi precedenti all’emergenza. Certo, alle spalle noi abbiamo un grande gruppo internazionale. Ma vedo Montenapoleone quasi vuota, priva di stranieri. E mi fa senso". Piccola consolazione, l’home-delivery avviato durante l’emergenza (info@covamilano.com, WhattsApp 370.3627923. 02.76005599) peraltro gratuito in città, per ordini superiori ai 50 euro. Come dire: la pasticceria più aristocratica di Milano rivela un’anima liberal e friendly, girando per la città e consegnando colazioni, torte salate e dolci al cucchiaio. Segno dei tempi. Perfino i brand dell’eleganza non sono più quelli di prima: evadono dal "Quadrilatero" e bussano alle porte di casa.

Paolo Galliani

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