Campetti proibiti, scuole calcio in rivolta

Le società contro la regola che esclude i genitori dagli spalti: norme ingiuste. E senza gli incassi di bibite e salamelle chiudiamo tutti

I genitori dei piccoli alteti si stanno organizzando

I genitori dei piccoli alteti si stanno organizzando

Milano - «Se riaprono gli stadi allora non capisco perché una cinquantina di persone non possono assistere alla partita del figlio". Questa è solo una delle tante voci degli addetti ai lavori lombardi che contestano il nuovo protocollo di sicurezza relativo alle amichevoli, partite e tornei emanato dalla Figc negli scorsi giorni. Sì all’attività sportiva collettiva, sì alle manifestazioni in campo ma rigorosamente a porte chiuse e con il divieto di utilizzare docce e spogliatoi da parte dei giocatori. "Mandare a casa un ragazzo sudato o bagnato perché c’è stato un temporale è una cosa salutare?", il commento di un dirigente di vecchia data di un club nella zona est di Milano. "Chi fa le regole è lontanissimo dalle realtà dei dilettanti", la chiara opinione del direttore sportivo della Vis Nova Nigro che paragona le regole imposte al calcio dilettantistico e giovanile a quelle di altre realtà, come la frequentazione di altri luoghi pubblici dove non esistono divieti così stringenti. Il capitolo del protocollo che ha fatto più arrabbiare chi di calcio giovanile e dilettantistico non solo vive ma ne ha fatto una passione è quello relativo alla presenza o meno di pubblico. Come si legge infatti tra pagina 7 e pagina 8: "Al momento e fino al 1° giugno e salvo diverse disposizioni, non è consentita la presenza di pubblico presso gli impianti sportivi sede delle attività. A partire da tale data, la presenza di pubblico sarà comunque consentita soltanto per gli avvenimenti e le competizioni di livello agonistico riconosciuti di interesse nazionale".

Il che significa che anche dopo il 1° giugno, a meno di nuove regole dell’ultimo minuto, il pubblico sarà ammesso allo stadio ma non si potrà assistere alla partita del proprio figlio in un’amichevole o in una gara di torneo su nessun campo giovanile e delle categorie della scuola calcio. Un tema scottante che ovviamente incide non poco sulla speranza di tanti presidenti di società di poter godere di qualche introito economico in questi mesi dopo settimane e settimane di stop forzato alle attività. Un torneo senza la possibilità di vendere biglietti, salamelle, patatine o bibite è una manifestazione che, tolto il divertimento dei piccoli o grandi giocatori, perde di significato e per chi deciderà di organizzare comunque eventi del genere sarà forse più la difficoltà di seguire rigidamente le regole imposte che l’effettiva soddisfazione finale. "Il protocollo è giusto ma con queste regole alla fine organizzare tornei non ha senso", la sentenza del direttore sportivo dell’Enotria, Giovanni Stringhini, che ha da ridire anche sul divieto di utilizzare docce e spogliatoi: "Non sono un medico però se sono a contatto giocando non vedo la differenza. È anche vero che andando incontro alla bella stagione può avere senso non usarli, è anche più facile gestire il tutto". Il regolamento federale è stato quindi come una doccia gelata per un movimento intero che puntava, anche dopo le dichiarazioni fiduciose del presidente del Comitato Regionale Lombardia Tavecchio che auspicava la realizzazione di tornei estivi, ad avere qualche entrata a fronte delle spese sostenute per far svolgere l’attività: la macchina si è fermata anche se non è detto che alcuni “furbetti” non decidano di aggirare le regole puntando comunque a far accomodare sugli spalti dei propri centri sportivi genitori e tifosi.    

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