Stranieri e italiani, in Lombardia scuola a due velocità

Milano guida il fenomeno del “White-Fligt”, segue Brescia con la Brianza

Una classe di scuola elementare (foto di repertorio)

Una classe di scuola elementare (foto di repertorio)

Milano, 18 aprile 2018 - Si chiama “White flight”: è la “fuga” degli italiani che non iscrivono i figli alla scuola sotto casa per l’alta percentuale di stranieri. Fuga dal quartiere, che spesso a Milano coincide con la fuga verso il centro.

L’ultima fotografia è stata scattata dal Politecnico e dal suo laboratorio di politiche sociali. Un quarto dei milanesi che mancano all’appello sceglie le private (dove la percentuale degli stranieri si attesta intorno al 3%). Un altro 30% che opta per altre scuole pubbliche si sposta. Succede in via Padova, dove la percentuale di italiani che abbandonano il bacino scolastico varia tra il 50% e quasi l’80%. La stessa quota al Corvetto e in zona Maciachini. Al Giambellino si arriva a un picco del 70%, così come nelle aree periferiche del Gallaratese. Sfiora il 50% l’area Imbonati. Alcune scuole di frontiera sono riuscite a invertire la tendenza tornando ad attrarre gli italiani, puntando su metodi alternativi - Montessori in primis - o coinvolgendo le famiglie, come in Paolo Sarpi dove la percentuale di stranieri in otto anni è passata dal 44% al 25%. Livelli di concentrazioni milanesi non si trovano di frequente nelle province. A Brescia, tuttavia, la scuola primaria Manzoni ha un tasso di alunni stranieri che supera l’80%. Anche qui conta di più la fuga degli italiani che la composizione demografica della zona. Alla media De Filippo, quartiere San Polo, invece si rischia la chiusura. Le iscrizioni calano anche a causa della concentrazione forte di stranieri e di studenti del vicino campo nomadi. In Brianza si segnala, a Monza, l’istituto Koiné di San Rocco: 1.100 studenti, fino al 50 per cento stranieri. In calo, in media, in Lombardia le situazioni fuori norma. A Lecco scende il numero di studenti con cittadinanza non italiana.

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