San Raffaele, la rabbia degli esodati: "Non possiamo andare in pensione"

Presidio sotto la sede Inps: 19 mesi di contributi non registrati, scaricabarile con i liquidatori

Milano - "Sono in attesa della pensione dall’agosto 2021: avrei dovuto entrare con quota 100 ma tutto si è bloccato, ed è bloccata anche la Naspi". Un lavoratore dell’ospedale San Raffaele, in presidio davanti alla sede milanese dell’Inps in via Silva, riassume la beffa che sta subendo assieme a tanti altri suoi colleghi "esodati". Vittime di una "situazione incresciosa", e non ancora risolta, generata negli anni della crisi dell’ospedale fondato da don Luigi Verzè finita davanti al Tribunale fallimentare. "Tutti coloro che hanno lavorato fino al 2011 al San Raffaele – spiega il sindacato di base Cub – si ritrovano con circa 19 mesi di contribuzione non registrata. Così lavoratori e lavoratrici non riescono a ottenere la meritata pensione. Ad esempio un oss, colpito da ictus, sarebbe potuto andare in pensione il primo ottobre scorso, ma è costretto a continuare a lavorare". Margherita Napoletano, coordinatrice della Rsu del San Raffaele, spiega che "questa situazione riguarda 9600 persone che hanno lavorato nell’ospedale dal 1993 al 2012, quando c’è stato il fallimento e siamo passati sotto l’Inps.

Nell’estratto contributivo Inpdap mancano questi mesi non perché non siano stati versati i contributi ma perché in dieci anni nessuno è riuscito a sistemare questa situazione nonostante l’Inps abbia tutti i dati. Alcuni colleghi sono già in pensione ma non la percepiscono – prosegue – altri non stanno presentando la domanda perché non vogliono rischiare". I lavoratori quindi chiedono "risposte", perché "nello scaricabarile stanno subendo un danno". Ma non è l’unico fronte aperto che riguarda l’istituto previdenziale. È infatti al centro di un braccio di ferro la delicata operazione per far transitare all’interno di una società controllata dall’Inps lavoratori del servizio di contact center ora affidato a ditte esterne.

Un passaggio che per alcuni operatori si tradurrebbe in una perdita sugli stipendi. "Nel mio caso – spiega uno di loro – con 25 ore settimanali prenderei 810 euro netti al mese, dopo 23 anni di lavoro di cui 13 solo sulla commessa Inps. Un taglio di circa 300/400 euro netti al mese. Perdiamo anni di scatti di anzianità, e anche la quattordicesima". Il sindacato Ugl lunedì scorso ha organizzato uno sciopero contro "la riduzione degli stipendi" e "l’esclusione illegittima di molti addetti". E ieri si è concluso con una fumata nera l’incontro al ministero fra Cgil, Cisl e Uil e le aziende coinvolte sulla cassa integrazione. Un caos che si ripercuote sui servizi ai cittadini.

 

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