Salari bassi e precariato Sos per 800mila "Il modello milanese crea disuguaglianze"

L’allarme dei sindacati: hub di ricchi circondato da sfruttati. L’occupazione tiene ma peggiorano le condizioni nella città più cara. In un anno ricorso alla cassa integrazione per oltre 14mila persone

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di Andrea Gianni

Il lavoro non manca, il problema sono stipendi e disuguaglianze che trasformano Milano in "un hub di pochi lavoratori ricchi circondato da poveri". La fotografia scattata dalla Cgil di Milano, che verrà presentata oggi durante il congresso alla Camera del lavoro, fa suonare un campanello d’allarme. Su circa 1.800.000 lavoratori nella Città metropolitana, oltre 788mila sono in condizioni critiche: 438mila hanno un contratto part time di cui due terzi involontari; di questi oltre la metà ha un reddito annuo di 8700 euro, 46mila hanno contratti intermittenti da aggiungere ai 303mila a termine. Tra il 2018 e il 2022 le aziende hanno assunto circa il 70% tra tempi determinati, tirocini altre forme contrattuali a fronte del 30% di tempi indeterminati. La media dei redditi è di 124 euro al giorno, con due estremi che vanno dai 508 euro di un dirigente uomo ai 55 euro di una donna operaia o commessa. Il 63% delle donne guadagnano meno di 1500 euro al mese e il reddito medio è più basso di 20mila euro rispetto agli uomini. Disuguaglianze trasversali ai settori, che riguardano lavoratori meno qualificati ma anche laureati, precari del mondo dello spettacolo, partite Iva. "Il modello produttivo milanese, che è lo zoom di quello italiano – spiega il segretario generale della Cgil di Milano Massimo Bonini – è strutturalmente orientato alla disuguaglianza. Milano si loda per la sua capacità di attrarre ma il prezzo delle case è salito del 40% in 5 anni. Questo sta creando un’enorme frattura sociale". Un problema che si inserisce in un contesto di ripresa dopo la pandemia. L’Osservatorio della Città metropolitana riporta 673.287 avviamenti (cioè nuovi contratti di lavoro) nei primi nove mesi del 2022, superando i 521.259 avviamenti di tutto il 2021. I rincari dell’energia e gli altri fattori di crisi non sembrano, almeno per il momento, aver provocato effetti tangibili sull’occupazione. "Dai nostri rilievi la lieve flessione occupazionale segnalata dagli ultimi dati Istat a livello nazionale non sembra riguardare Milano", spiega Livio Lo Verso, responsabile dell’Osservatorio.

"Qualcuno crede ancora che la flessibilità porta maggiore occupazione – sottolinea Enrico Vizza, segretario generale della Uil Lombardia – ma questo non è vero. Chiediamo il rispetto dei contratti, che vengano garantite le retribuzioni, misure strutturali che finora sono mancate". Nel quadro si inserisce anche un ricorso ancora alto agli ammortizzatori sociali da parte di aziende in crisi: a Milano, secondo l’ultimo rapporto Uil, il ricorso alla cassa integrazione è aumentato del 28% a novembre rispetto a ottobre. Un dato di molto superiore alla media lombarda (+3%), mentre a livello nazionale si registra addirittura un dato negativo (-1%). Nei primi 11 mesi del 2022 la cassa integrazione ha riguardato, con durata e modalità diverse, 14.317 lavoratori nel Milanese, con un impatto quindi sul loro stipendio. "L’occupazione tiene – spiega Eros Lazoni, segretario della Cisl Milano – la preoccupazione è legata alla qualità del lavoro". All’orizzonte potrebbero esserci quindi mesi difficili, segnati da proteste. Ieri si è tenuto davanti alla Prefettura un nuovo presidio dei lavoratori somministrati del ministero dell’Interno, mentre la scure dei tagli cade anche sui dipendenti delle big tech. Il caso dei licenziamenti Meta-Facebook, che colpiscono la sede in Missori, è approdato ieri davanti alla commissione Lavoro alla Camera.

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