Piastra Expo, Sala condannato a sei mesi: resto sindaco

Pena convertita in multa. "Così si allontanano gli onesti dalla cosa pubblica"

Giuseppe Sala in tribunale

Giuseppe Sala in tribunale

Milano, 6 luglio 2019 - Sei mesi di reclusione per falso, convertiti in una pena pecunaria di 45mila euro. Sentenza di condanna per il sindaco Beppe Sala, ex commissario unico e amministratore delegato di Expo. La sua colpa: avrebbe retrodatato due verbali con cui, nel maggio del 2012, vennero sostituiti due componenti della commissione di gara per l’assegnazione del maxi appalto per la Piastra dei servizi dell’Esposizione universale del 2015. Il verdetto della decima sezione penale del tribunale, presieduta da Paolo Guidi, è arrivata dopo tre anni di udienze e due ore di camera di consiglio. Tutti assolti gli altri imputati: l’ex manager Expo Angelo Paris, accusato per il falso in concorso con Sala ma anche di tentato abuso d’ufficio, l’ex dg di Infrastrutture lombarde (Ilspa) Antonio Rognoni, accusato di turbativa d’asta per il maxi appalto sulla Piastra (la spina dorsale tecnologica di Expo) e Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani spa che vinse la gara, accusato di tentato abuso d’ufficio. 

A Sala unico colpevole – che si sente vittima di una guerra tra Procure (quella generale ha avocato a sé l’inchiesta che quella ordinaria avrebbe voluto archiviare) – sono state concesse «le attenuanti generiche e, anche l’attenuante di aver agito, nel commettere il reato di falso materiale e ideologico, per motivi di particolare valore sociale», cioè la fretta di far partire in tempo Expo 2015. Il sindaco ha atteso la sentenza in aula: «È comunque una condanna, ma questa sentenza non produrrà effetti sulla mia capacità di essere sindaco di Milano», ha detto a caldo. E ancora: «Assicuro i milanesi che resterò a fare il sindaco per i due anni che restano del mio mandato, lo farò con la dedizione che conoscono. Di guardare avanti ora non me la sento».  Sala ha poi aggiunto: «Una sentenza del genere, dopo sette anni, per un vizio di forma, allontanerà tanta gente per bene dall’occuparsi dalla cosa pubblica. I sentimenti che ho sono negativi, qui è stato processato il mio lavoro e io ne ho fatto tanto per la comunità». 

Immediate le reazioni politiche, a partire da quella del ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Non sono abituato a festeggiare le condanne altrui. Voglio leggermi gli atti. Da milanese sono orgoglioso di come è stato gestito Expo e non festeggio se il mio sindaco viene condannato». Di diverso stampo le dichiarzioni dei 5 Stelle: «Oggi il condannato del giorno nel Pd è... il sindaco di Milano, Beppe Sala! Sembra una lotteria, invece è la triste realtà. Ormai abbiamo perso il conto di tutti gli indagati e condannati del Pd», scrivono sul loro profilo Facebook (il sindaco di Milano non è iscritto al Pd). Scontato il ricorso di Sala in appello (la prescrizione scatterà nell’autunno prossimo, ma il sindaco se vuole potrà rinunciarvi). In aula fino all’ultimo c’era stato un duro scontro tra il pg Massimo Gaballo, che ha parlato di «prova incontrovertibile della consapevolezza di Sala», e i difensori Salvatore Scuto e Stefano Nespor che l’hanno esclusa, spiegando che il processo ha dimostrato che la retrodatazione è «rimasta orfana di genitore». Il sindaco disse davanti ai giudici di aver firmato dopo una «verifica sommaria», fidandosi del controllo dei manager e dei tecnici della sua squadra.  

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