Ruby bis, pene ridotte per Emilio Fede e Nicole Minetti

L'ex direttore del Tg4 è stato condannato a 4 anni e 7 mesi, mentre l'ex consigliera regionale a 2 anni e 10 mesi

Emilio Fede e Nicole Minetti

Emilio Fede e Nicole Minetti

Milano, 7 maggio 2018 - La Corte d'Appello di Milano ha lievemente ridotto le condanne per l'ex direttore del Tg4 Emilio Fede e per l'ex consigliera lombarda e showgirl Nicole Minetti, portandole rispettivamente a 4 anni e 7 mesi e a 2 anni e 10 mesi, nel processo d'appello 'bis' sul caso cosiddetto 'Ruby bis' con al centro l'accusa di favoreggiamento della prostituzione per le serate nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. ù

Il collegio presieduto dal giudice Marina Caroselli ha tuttavia riqualificato alcuni episodi contestati nel capo di imputazione, assolvendo i due imputati da alcune condotte. Fede, ad esempio, è stato assolto "per non aver commesso il fatto" dal reato di favoreggiamento della prostituzione nei confronti dell'allora minorenne Ruby, tranne che per l'episodio del 14 febbraio 2010, giorno in cui la giovane marocchina varcò per la prima volta i cancelli di Villa San Martino accompagnata, appunto, dall'allora direttore del Tg4. Resta invece in piedi l'accusa di induzione alla prostituzione di tre ragazze (Imane Fadil, Ambra Battilana e Chiara Danese) portate ad Arcore. Anche Nicole Minetti ha incassato l'assoluzione per alcuni episodi di favoreggiamento della prostituzione di alcune "olgettine" ospitate a Villa San Martino per le serate del "bunga bunga". Da qui lo "sconto" di pena operato dai giudici a favore dei due imputati rispetto al primo processo d'appello. Ma l'impianto accusatorio ha complessivamente retto al giudizio della Corte d'Appello di Milano.

DIFESA: "SORPRESI, PER FORTUNA CASSAZIONE A ROMA" - "Per fortuna, la Cassazione è a Roma", concordano gli avvocati Pasquale Pantano e Paolo Righi, legali rispettivamente di Nicole Minetti ed Emilio Fede, nel commentare la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d'Appello di Milano nel processo 'Ruby bis'. "Sono sorpreso, molto sorpreso - afferma Pantano - la questione di legittimita' costituzionale (sulla costituzionalita' del reato di favoreggiamento della prostituzione, ndr) mi sembrava smaccata, pacifica perche' non l'abbiano sollevata e' un mistero". Il legale dell'ex igienista dentale, che ora vive a Miami, ha sottolineato che in altri sedi giudiziarie, come a Bari, la questione e' stata sollevata. "E' passata dappertutto, e se la Corte Costituzionale decide che non e' un reato, cosa di fa? Facciamo correre questo processo per arrivare prima della Consulta?", ha domandato perplesso.

 

PG: "CONFERMARE CLE CONDANNE" Il nuovo procedimento con al centro l'accusa di favoreggiamento della prostituzione era scaturito dalla decisione della Cassazione del settembre 2015 di rinviare gli atti ad un altro giudizio d'appello per colmare alcune "lacune motivazionali" della sentenza di secondo grado. Il sostituto Pg Daniela Meliota aveva chiesto la conferma delle condanne per l'ex direttore del Tg4 Emilio Fede e per l'ex consigliera regionale lombarda Nicole Minetti, rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e a 3 anni di reclusione. Le difese, che avevano comunque chiesto l'assoluzione dei due imputati puntavano in particolare, su una decisione di invio degli atti alla Consulta sulla legge Merlin, come e' accaduto nel processo d'appello sulle escort portate, tra il 2008 e il 2009, dall'imprenditore Gianpaolo Tarantini nelle residenze dell'allora presidente del Consiglio.

"E' QUESTIONE DI LIBERTA' COME NEL CASO DJ FABO" - Nel chiedere l'assoluzione "perché il fatto non sussiste", uno dei legali di Nicole Minetti, l'avvocato Pasquale Pantano aveva espresso un parallelismo tra il leader radicale Marco Cappato e la sua assistita. "Come Cappato ha aiutato Fabiano Antoniani a esercitare il suo diritto a essere libero di morire, così Minetti ha agevolato il diritto delle ragazze all'esercizio della libertà sessuale". Un parallelismo che andava inquadrato anche nella richiesta da parte della difesa dell'ex consigliera regionale lombarda e di Emilio Fede di sollevare una questione di legittimità costituzionale (se non dovesse esserci l'assoluzione) relativa al reato di favoreggiamento, che limiterebbe la libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale. Pantano, come il collega Salvatore Pino nella sua arringa per Emilio Fede, ha anche sottolineato che "giustamente" non e' stato indagato il ragionier Giuseppe Spinelli "da cui tutto passava, anche i pagamenti".

L'avvocato Pino aveva chiesto l'assoluzione di Fede "perché il fatto non sussiste" sia per il reato di tentata induzione alla prostituzione di Ambra Battilana, Imane Fadil e Chiara Danese (tutte parti civili) che per quello di favoreggiamento alla prostituzione di Roberta Bonasia e Ruby. "Perche' il favoreggiamento di queste due e non delle altre ragazze? - si era chiesto Pino, con riferimento a quest'ultima accusa - Bonasia non ha nessun rapporto con Fede, anzi la ostacola. In un'intercettazione, sottolinea che lei e' la favorita di Berlusconi, forse hanno anche avuto una relazione sentimentale. C'è un rapporto di predilezioni con Berlusconi, che c'entra Fede? Quanto a Ruby, non risulta che Fede l'abbia favorita in alcun modo, dopo averla accompagnata ad Arcore per il primo incontro, il 14 febbraio 2010, circostanza che non è reato come ha detto anche il pg". Anche l'avvocato Pino aveva tirato in ballo il caso Cappato: "Secondo la giurisprudenza, il reato di istigazione al suicidio non è punibile se l'istigazione non è accolta". Il che vale anche nel caso del reato di "induzione" contestato a Fede: "Nessuna delle tre ragazze si è mai prostituita ad Arcore, lo dicono gli atti del processo e lo conferma la Cassazione". 

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