Rubarono le chiavi ai secondini e li sequestrarono nelle celle Quattro condanne fino a 5 anni

Nove detenuti furono protagonisti degli scontri alcuni salirono sul tetto del penitenziario cittadino

MILANO

Quattro condanne fino a 5 anni e 4 mesi di reclusione e cinque assoluzioni. Lo ha deciso la nona sezione del Tribunale nel processo a carico di nove detenuti imputati per le rivolte nel carcere milanese di San Vittore avvenute a marzo 2020, nel pieno della pandemia di covid. Le accuse sono sequestro di persona, devastazioni, lesioni personali e rapina. Sono state parzialmente accolte così la richiesta della pm Paola Pirotta, che aveva chiesto condanne per tutti gli imputati fino a 5 anni e 4 mesi, concedendo le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate. I difensori, tra loro gli avvocati Antonio Nebuloni e Giuseppe Capobianco, avevano chiesto l’assoluzione. "L’obiettivo - si erano difesi gli imputati durante il loro interrogatorio in aula nelle scorse udienze - era salire sul tetto e appendere uno striscione con scritto ‘indultò per attirare l’attenzione sulla nostra situazione, dopo che avevano sospeso i colloqui in carcere". Inoltre avevano detto di avere agito "per paura" dopo aver visto "i morti da covid in televisione" e hanno anche sottolineato che qualche giorno prima avevano messo in piedi una protesta risoltasi nel giro di qualche ora, dietro la promessa di una riapertura dei colloqui da parte della direzione del carcere.

Stando alla ricostruzione i detenuti avrebbero anche rinchiuso in alcune stanze tre agenti della polizia penitenziaria, sottraendo loro chiavi e trasmittenti. La rivolta di San Vittore è una delle tante di quel giorno, quanto in 22 case di reclusione sparse in tutta Italia, grazie al passaparola, è scoppiata in contemporanea una pesante protesta il cui slogan era: "Amnistia e indulto contro il Coronavirus". Il bilancio è stato, in tutta Italia, di 7 morti e 34 evasioni.

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