Roberto Formigoni, la Procura generale contro i domiciliari

Secondo l'avvocato generale Gatto non c'è il "requisito della collaborazione impossibile" presa in considerazione dal Tribunale di sorveglianza

Roberto Formigoni

Roberto Formigoni

Milano, 31 luglio 2019 - Non c'è il requisito della "collaborazione impossibile". Lo sostiene la Procura Generale di Milano nel ricorso per Cassazione depositato oggi contro il provvedimento con cui il 22 luglio il Tribunale di Sorveglianza ha concesso a Roberto Formigoni di espiare la pena di 5 anni e 10 mesi inflitta per la vicenda Maugeri in detenzione domiciliare. L'avvocato generale Nunzia Gatto ha chiesto alla Suprema Corte di annullare l'ordinanza con rinvio per un nuovo esame del caso allo stesso Tribunale di Sorveglianza. 

Nell'atto di impugnazione si sottolinea l'"incongruenza" dell'ordinanza dello scorso 22 luglio e si sostiene che l'ex presidente lombardo può collaborare: potrebbe dare indicazioni visto che sono in corso confische di beni nell'ambito del procedimento Maugeri, può rendere dichiarazioni nel processo in corso a Cremona, che si reputa connesso, e in cui è imputato per presunte tangenti in cambio di appalti nella sanità lombarda con altre persone tra cui l'ex consigliere regionale Massimo Guarischi. Inoltre il pg, che si richiama alla giurisprudenza della Procura Generale di Milano sul tema della "collaborazione impossibile", nel suo ricorso ricorda che Formigoni è stato condannato in via definitiva al massimo della pena prevista dal reato di cui risponde: non gli sono state concesse le attenuanti generiche per via della mancanza di collaborazione in quanto mai si è sottoposto a interrogatorio. 

Nel frattempo, il Consiglio di presidenza di Palazzo Madama ha preso atto della sentenza della Cassazione che ha confermato la condanna per corruzione nei confronti dell’ex presidente di Regione Lombardia e ha dato atto alla delibera del 2015 che prevede la sospensione delle erogazione di pensioni e vitalizi per i parlamentari condannati in via definitiva. Il Celeste si trova ai domiciliari in un appartamento di un amico, un professore di statistica della Bicocca, in piazza Firenze dallo scorso 22 luglio. Per cinque mesi aveva vissuto dietro le sbarre del carcere di Bollate, dopo che la Cassazione lo aveva condannato a 5 anni e 10 mesi in via definitiva per corruzione nell’ambito del processo Maugeri-San Raffaele. L'ex numero uno di Palazzo Lombardia ha ottenuto però la misura alternativa dal tribunale di Sorveglianza dopo l’inizio, a dire dei giudici, del suo "percorso di resipiscenza" che per la prima volta lo ha portato al "riconoscimento del disvalore delle sue condotte poste in essere". Il provvedimento del giudice ha anche stabilito che può lasciare l’abitazione per due ore al giorno.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro