Non solo pandemia, ristoranti nei guai: "Non trovo camerieri, devo respingere i clienti"

La titolare del Pont de Ferr: pretendono soldi in nero e week end liberi. Epam conferma: ne mancano 3mila

Camerieri in un locale, foto di repertorio

Camerieri in un locale, foto di repertorio

Milano, 21 settembre 2021 - È il lato in ombra del mondo della ristorazione, esaltato dal mito di Masterchef, osannato dalla valanga di piatti gourmet postati sui social, ma stroncato dalla contingenza, dal quotidiano e dal Covid. Insomma, dalla realtà. Lo sa Maida Mercuri proprietaria del Pont de Ferr, locale mitico di Ripa di Porta Ticinese e “pasionaria“ della cucina d’autore a Milano. Specie quando le cose non vanno. E non stanno proprio andando. Lo racconta lei stessa, dopo l’ennesima situazione assurda: respingere 40-50 prenotazioni ogni sabato e domenica "perché – spiega – non ho il personale che mi serve: mi mancano 4 addetti alla cucina e alla sala, li cerco disperatamente ma nessuno si presenta".

Delusa più che infastidita. "Ho spedito una trentina di richieste di camerieri e cuochi usando i social e contattando le scuole professionali: hanno risposto in due", aggiunge, lamentando un’indifferenza mai registrata prima da parte del mercato del lavoro. Come dire: "Non richiamano. Nemmeno per chiedere quanto possano guadagnare. Chi si fa avanti pretende di lavorare in nero o di avere il fine settimana libero. E siccome non voglio rovinare la reputazione del mio ristorante anche per la sua accoglienza, mi vedo perfino costretta a dire dei no a tanti clienti". «È triste. La pandemia ha minato l’immagine del settore ristorazione. E i giovani preferiscono accontentarsi del reddito di cittadinanza o dell’assegno di disoccupazione, aggiungendoci qualche lavoretto qui e là, piuttosto che mettersi in gioco e pensare alla professione, ai contributi, al futuro". Le fa eco Michele De Liguoro del “Rovello 18“ di via Tivoli 2 dove la situazione è anche peggiore: mancano 7 persone delle 15 che servono per fare funzionare al meglio un locale storico dove tutto viene preparato in casa. Sconfortato: "Quando si presentano, ed è già una rarità, se ne vanno a metà prova. Eppure siamo disposti – se serve – a caricarci anche della loro formazione". E disarmato: "Abbiamo attraversato i momenti peggiori della pandemia e questa che è la fase della ricostruzione “post-bellica“ è più complicata della stessa guerra".

Conseguenza: il Rovello 18 che ha sempre lavorato 7 giorni su 7 ha dovuto fare di necessità virtù, chiudendo il lunedì e il mezzogiorno del sabato per penuria di personale in sala e cucina. Stessa sorte per Emma Marveggio di “Sciatt à Porter“, rifugio urbano al gusto valtellinese in via Monte Grappa: "Siamo sotto organico. E in alcuni giorni della settimana devo rinunciare ad aprire il locale a pranzo". Lapidario Lino Stoppani, presidente Epam, voce di un comparto "pubblici esercizi" sempre più percepito come "precario" che in 18 mesi ha perso per strada 243mila occupati tra stagionali e paladino di politiche attive e sgravi fiscali per stimolare l’attrattiva di un lavoro duro e non sempre ben pagato. Con tanto di previsione nera per Milano sulla base dei dati nazionali elaborati dal Centro Studi Epam che prevede per il trimestre agosto-ottobre la ricerca di 150mila posti di lavoro per sale e cucine ma anche l a difficoltà a reperirne 60mila. Come dire che in città mancano almeno 3mila camerieri e cuochi. Maida, al suo Pont de Ferr, si è arresa all’evidenza: "Non trovo personale. Mi organizzo. Arrivo qui la mattina e mi metto anche a pulire. Sono una che corre, come tanti colleghi. Ma è ormai una corsa con le stampelle".

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