Rilancio di Milano nel ruolo delle donne

Ruben

Razzante*

La tragedia del Covid-19 ha posto una necessità di riumanizzazione. La persona va rimessa al centro. E le donne insegnano che è legittimo aspirare a tutto: “La salute, il pane e le rose” è il titolo del Rapporto sulla città 2020 realizzato dalla Fondazione Ambrosianeum col contributo di Fondazione Cariplo, giunto alla trentesima edizione. Uscito con puntualità nonostante la pandemia, offre illuminanti spunti di riflessione per leggere un problematico presente e immaginare un futuro incerto. Il focus quest’anno è la questione femminile, che rimane centrale, nonostante Milano sia per molti versi women-friendly. Nell’introduzione, il presidente di Ambrosianeum Fondazione Culturale Marco Garzonio insiste sulla necessità di "investire sulla cultura", "già considerata una Cenerentola prima dell’emergenza sanitaria": "è la sola via che ci può garantire l’uscita dalla crisi" tanto più che Milano, per tornare ad essere trainante, deve in primo luogo "rivendicare la propria identità, fare scelte coraggiose".

La cultura è centrale nel Rapporto 2020, presentato, oltre che da Garzonio, da Antonio Calabrò, direttore di Fondazione Pirelli e vicepresidente di Assolombarda, e dalla senatrice a vita Elena Cattaneo, insieme alla curatrice Rosangela Lodigiani. Nel volume si analizza con equilibrio e costruttività, attraverso dati, storie, racconti di successi e di fragilità, la realtà delle donne milanesi e lombarde. La senatrice Cattaneo ha promesso che userà "il Rapporto in Senato per portare avanti le istanze sulla parità di genere", visto che "la zavorra dei pregiudizi è ancora pesante". E se è vero, come ha evidenziato Calabrò, che "dentro la capacità femminile di fare impresa c’è l’intelligenza del cuore, la capacità analitica e di accoglienza perché Milano è donna e madre", l’arcivescovo Mario Delpini, nel suo saluto, ha detto che "il tema delle donne, della diseguaglianza, della povertà, della guerra, sono scomparsi per mesi dall’attenzione degli italiani, col rischio che il virus faccia male anche alla nostra visione del mondo".

*Docente di Diritto

dell’informazione all’UniversitàCattolica di Milano

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