Inceneritori, in Lombardia 400mila tonnellate di rifiuti dal Sud

Altolà di Fontana. Legambiente: "Alimentano il business di questo tipo di impianti"

L'inceneritore Accam

L'inceneritore Accam

Milano, 20 novembre 2018 - Sono circa 2,2 milioni le tonnellate di rifiuti che finiscono ogni anno nei 13 termovalorizzatori lombardi. Circa 400mila tonnellate, secondo i dati diffusi dall’assessorato all’Ambiente della Regione, provengono da fuori, principalmente dalle regioni del Sud in emergenza. «Gli inceneritori in Lombardia sono più che sufficienti per il fabbisogno regionale – spiega Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente – e senza i rifiuti dal Sud dovrebbero essere chiusi o ridimensionati. Verrebbe meno il giro d’affari che ruota attorno ai rifiuti, che Fontana dovrebbe avere ben presente». La quota di rifiuti lombardi che finiscono nei termovalorizzatori è in calo, di pari passo con l’aumento della raccolta differenziata arrivata a una media del 61%.

I rifiuti di importazione consentono quindi agli impianti di funzionare a pieno regime. Tra le imprese che gestiscono i termovalorizzatori, A2A fa la parte del leone con i “forni” di Milano, Brescia, Bergamo e Corteolona, nel Pavese, che si aggiungono al maxi-impianto campano di Acerra. Smaltire una tonnellata di rifiuti, secondo i dati di Legambiente, costa 80-90 euro: i prezzi sono in aumento rispetto a qualche anno fa, quando si era scesi a 60 euro a tonnellata. E il guadagno è anche nella produzione di energia e calore. Ogni lombardo produce, in media, 500 chili di rifiuti solidi urbani all’anno. Il 61% finisce nella raccolta differenziata, mentre una parte viene incenerita assieme alla spazzatura importata. A Milano il termovalorizzatore Silla 2 è in grado di smaltire 400mila tonnellate di rifiuti: solo 300mila provengono da Milano, mentre il resto arriva dall’hinterland o da fuori regione. Effetto della liberalizzazione nella gestione dei rifiuti, che ha abbattuto i confini territoriali.

Un business che porta, però, pochi posti di lavoro. Una minima parte dei 10mila lombardi impiegati nel settore raccolta e smaltimento rifiuti con contratto Igiene ambientale lavora nei termovalorizzatori. «Sono impianti che non necessitano di una grossa forza lavoro - spiega Natale Minchillo, segretario Fp-Cgil Lombardia - uno stop dei rifiuti dal Sud di certo non avrebbe grosse ripercussioni sul livelli occupazionali». L’assessore regionale all’Ambiente, Raffaele Cattaneo, sottolinea che «in Lombardia c’è un modello virtuoso» e i termovalorizzatori «sono certamente meno dannosi per l’ambiente e la salute dell’unica alternativa rappresentata dalla discarica». Intanto la politica si divide. La consigliera regionale del Gruppo misto Viviana Beccalossi oggi presenterà una mozione al Pirellone perché «venga messo nero su bianco che la Lombardia non smaltirà più rifiuti provenienti da altre regioni». Il sottosegretario agli Affari regionali Stefano Buffagni (M5s), citando una risoluzione votata nel 2013, chiede a Fontana di seguire «la volontà unanime del consiglio regionale di chiudere progressivamente gli inceneritori lombardi». E Vinicio Peluffo (Pd) invita il governatore ad «aggiornarsi» perché quella sullo stop dei rifiuti dal Sud «è una storia vecchia, che sento da anni».

 

 

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