Rider, la mossa del pm: "Caporalato addio, Uber può lavorare senza commissario"

La richiesta della Procura dopo la relazione sulle condizioni dei lavoratori. Ma per i sindacati la strada è lunga: senza la subordinazione i problemi restano

Un rider della multinazionale del food delivery Uber Eats

Un rider della multinazionale del food delivery Uber Eats

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Milano -  Uber Eats Italy si è dimostrata "sensibile ed efficiente" nell’eliminare ogni forma di sfruttamento dei rider e caporalato. C’è stato un "progresso culturale" da parte della società finita al centro di guai giudiziari. Parola di Cesare Meroni e degli altri due amministratori nominati dal Tribunale di Milano, che ieri hanno illustrato la loro relazione davanti alla Sezione misure di prevenzione che a fine maggio 2020 - con un provvedimento senza precedenti - aveva disposto il commissariamento per caporalato della filiale italiana del colosso del food delivery.

Gli amministratori sostengono che le tariffe applicate ora rispettano il contratto nazionale e sono anche migliorative. I rider, viene messo nero su bianco nella relazione, sono dotati di caschi per le bici, di "fasce catarifrangenti", "giacche antipioggia che saranno distribuite da aprile", "dispositivi anti-covid" ogni 60 giorni. E per "contrastare il fenomeno dell’account sharing" è stato adottato un "software sofisticato che prevede il controllo facciale" del rider. Sulla base della relazione, il pm Paolo Storari ha chiesto la revoca immediata (e anticipata rispetto al termine di un anno fissato inizialmente) dell’amministrazione giudiziaria. La Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese presieduta da Fabio Roia deciderà entro i prossimi 15 giorni.

Il pm Storari in aula ha fatto presente che "le condizioni sono obiettivamente migliorate sia sotto il profilo economico del trattamento dei rider che della sicurezza". In particolare, sul fronte delle tariffe pagate ai fattorini, Uber Eats Italy, oltre ad applicare il contratto nazionale, sulle corse brevi (circa 10 minuti tra ritiro e consegna) paga il 40% in più, su quelle "medie" il 20% in più. Uber Italy, in una nota, plaude agli "ottimi risultati ottenuti fino ad ora". Per i sindacati, però, la strada è ancora lunga. "È stata fatta pulizia e il protocollo contro il caporalato, che deve ancora essere implementato dalle piattaforme, è un passo avanti", spiega Francesco Melis, della Nidil-Cgil di Milano. "I problemi però non sono eliminati alla radice – prosegue – perché i rider di Uber non hanno un contratto subordinato, in grado di garantire diritti e tutele".