Le chat dei rider-schiavi: se sto male perdo punti?

Nelle carte della Procura di Milano il meccanismo infernale del ranking che punisce chi non risponde alle richieste delle app

Un rider

Un rider

Milano, 26 febbraio 2021 - "Dovrei andare in viaggio a vedere mia mamma che ha una malattia grave: i punti di eccellenza rimangono gli stessi? Non è che mi bloccano l’account?", chiede un rider ai colleghi. Un altro fattorino pubblica la radiografia che mostra la frattura riportata cadendo dallo scooter. "Sono in quarantena e non posso lavorare: per non abbassare i punti di eccellenza come dovrei comportarmi con gli orari? Ho già mandato un messaggio all’assistenza ma come al solito non rispondono", domanda un altro rider.

Uno spaccato della "schiavitù" nell’epoca della gig economy, come l’ha definita il procuratore di Milano Francesco Greco, che emerge da centinaia di messaggi sulle chat Facebook dei rider acquisiti dai pm di Milano nell’ambito dell’inchiesta con al centro le filiali italiane delle principali società di delivery, con 6 indagati. Testimonianze, riportate in una relazione dei carabinieri del Nucleo tutela del lavoro, di quotidiani problemi nei pagamenti, ordini con "paghe misere e distanze improponibili", il muro di assistenti “robot“ e il terrore di essere messi fuorigioco dal sistema del ranking e delle sanzioni, perdendo di fatto la possibilità di lavorare. La mossa della Procura di Milano e degli ispettori del lavoro, che hanno notificato a quattro colossi del settore (Glovo-Foodinho, Just Eat, Uber e Deliveroo) verbali amministrativi nei quali si indica che le posizioni di oltre 60mila ciclofattorini vanno regolarizzate, da lavoratori autonomi a coordinati continuativi con tutte le garanzie dei subordinati, potrebbe portare a una pioggia di cause civili davanti al Tribunale del Lavoro. L’ispettorato ha indicato alle aziende la necessità di sanare le posizioni, soprattutto sul fronte dei contributi. Ogni lavoratore dovrà, se vorrà, fare una causa di lavoro alla società.

Diverso, invece, il profilo delle contestazioni che riguardano i reati contravvenzionali per le violazioni sul fronte della sicurezza e della salute dei rider. In questo caso, entro 90 giorni le società dovranno adempiere alle prescrizioni indicate nei verbali e pagare oltre 733milioni (la cifra è già un quarto delle multe totali) estinguendo il procedimento penale. Lacune sul fronte della sicurezza che sono venute a galla, in particolare, quando è scoppiata la pandemia. I rider che pedalavano per le strade vuote di Milano nei giorni del primo lockdown, evidenziano i carabinieri nella relazione alla Procura, erano "sprovvisti dei più elementari dispositivi di protezione contro il rischio di contagio o diffusione del virus, nonostante le loro attività prevedessero rapporti costanti con dipendenti dei ristoranti e con i clienti". I carabinieri, coordinati dal pm Maura Ripamonti, hanno presentato quindi alle piattaforme una richiesta formale di elencare le azioni messe in campo per prevenire i rischi. E le stringate risposte arrivate sono emblematiche del sistema.

Deliveroo e Glovo, nelle email inviate lo scorso aprile, premettono che ricade sui rider in quanto "lavoratori autonomi" la responsabilità sui dispositivi di sicurezza, ma le società sottolineano di aver deciso di distribuire comunque mascherine. Alle due multinazionali i carabinieri contestano "omissioni" nella "valutazione di rischio biologico". Uber Eats Italy, inoltre, il 15 settembre forniva i dati sulla campagna di rimborso delle mascherine acquistate dai rider: in sette mesi di pandemia "150 richieste di rimborso", tra cui 140 liquidate. Per un totale di 2.782 euro.