Milano, il ricercatore migliore? Un precario

Selezionato da Nature tra gli undici scienziati più bravi al mondo: "Una grande emozione"

Giorgio Vacchiano, 38 anni

Giorgio Vacchiano, 38 anni

Milano, 21 settembre 2018 - Su cinquecento profili esaminati, “Nature” ha scelto Giorgio Vacchiano: il ricercatore della Statale di Milano è tra gli 11 migliori scienziati emergenti al mondo.  Torinese, 38 anni, l’“esperto delle foreste” dopo la laurea in Agraria, il dottorato e dieci anni di precariato, da sei mesi è arruolato dal dipartimento di Scienze agrarie e ambientali come ricercatore di classe “B”: «Se tutto va bene fra tre anni diventerò professore associato, certo, servirà una valutazione positiva del mio lavoro», precisa lui, anche se su questo - oltre alla cinquantina di pubblicazioni internazionali alle spalle e a due monografie sulla gestione delle foreste - la prestigiosa rivista scientifica non ha dubbi: “Il mondo ai loro piedi” è il titolo dell’articolo che dimostra come stia «lasciando il segno nella scienza».

Come ci si sente a essere fra gli 11 migliori scienziati emergenti al mondo?

«È una soddisfazione immensa per me e per le persone con cui ho lavorato. Quando mi è arrivata la comunicazione mi sono dovuto sedere... Sono con altri dieci che stanno sconfiggendo il cancro e facendo scoperte fondamentali per il genere umano. Io mi occupo di foreste e cambiamento climatico: non è solo un riconoscimento del mio lavoro ma del fatto che rientrino fra i problemi urgenti».

Si può fare ricerca, di livello, nonostante il precariato?

«Questo riconoscimento mostra le due facce della medaglia: i ricercatori italiani riescono ad attivare collaborazioni con l’estero, pubblicano ricerche importanti, ma ci sono troppi giovani che non hanno la possibilità di emergere e di avere un contratto anche se hanno tutte le capacità. Il 90% dei ricercatori in università non riesce a restarci. Mi chiedo se questo sistema sia sostenibile».

Sogno professionale?

«Riempire il divario tra scienza e pratica, mettere a disposizione risultati scientifici per chi gestisce le foreste. Non vorrei mai che le mie ricerche fossero fini a loro stesse. E vorrei appassionare sempre più i ragazzi a prendersi cura dell’ambiente».

Giorgio fuori dall’ateneo...

«È in montagna a passeggiare. Mi rigenera, ho bisogno di silenzio, pace e contatto con la natura».

Il consiglio ai ricercatori che muovono i primi passi?

«Quando ho iniziato il dottorato non sapevo cosa fare, pensavo di essere nel posto sbagliato. La chiamiamo la “sindrome dell’impostore”, c’è sempre il confronto con gli altri, che vediamo più bravi di noi. Bisogna confrontarsi e darsi tempo, le idee brillanti arrivano».

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