Reporter ucciso 6 anni fa: "Sopralluogo in Ucraina"

Omicidio di Andy Rocchelli, nuova richiesta della difesa di Vitaly Markiv, il soldato filo-governativo in Appello dopo la condanna a 24 anni di carcere

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Un sopralluogo in Ucraina tra la collina Karachun e la fabbrica di ceramica Zeus, là dove il giovane fotoreporter pavese Andrea Rocchelli, appena 30enne, venne ucciso sei anni fa dai colpi di mortaio durante la guerra civile tra governativi e separatisti filorussi.

Se andarci o meno dovranno deciderlo i giudici togati e popolari della Corte d’assise d’appello milanese, presidente Giovanna Ichino, che si appresta a processare Vitaly Markiv, oggi 30 anni, sergente della Guardia nazionale ucraina condannato in primo grado a 24 anni di reclusione per aver partecipato a quello che per l’accusa fu un vero e proprio omicidio del reporter. Non un evento casuale ma un’azione mirata a colpire un giornalista intraprendente. Il sopralluogo è la prima delle richieste dell’avvocato Raffaele Della Valle, che difende Markiv, istanza già bocciata in primo grado ma ora riproposta. Per l’accusa sarà in aula il sostituto pg Nunzia Ciaravolo, con esperienza di peace keeping giudiziaria in Kosovo. È un processo delicato e complesso quello che vede alla sbarra il giovane soldato italo-ucraino, cresciuto con la madre nel nostro paese e poi arruolatosi come volontario a fianco dell’esercito di Kiev.

Una storia quasi dimenticata dai giornali. Mentre Rocchelli era fermo ad un passaggio a livello a scattare foto in una zona certamente pericolosa, secondo la ricostruzione dei giudici da una collina di fronte partirono gli spari e poi i colpi di mortaio che ammazzarono lui e il giornalista russo Andrei Mironov, ferendo gravemente il francese William Roguelon.

Verdetto molto criticato non solo dalla difesa Markiv ma anche dall’ambasciatore ucraino Yevhen Perelygin che denunciò "violati i principi del diritto internazionale, in particolare l’immunità giurisdizionale dello stato", dato che Markiv è stato condannato in concorso con soldati dell’esercito ucraino rimasti ignoti (erano loro, per l’accusa, quelli dotati di mortaio, Markiv li avrebbe “guidati“ via radio sull’obiettivo).

A fine agosto le autorità di Kiev hanno dichiarato che gli ucraini "in quel posto erano armati soltanto con armi di tiro teso", non mortai dunque. "Nessun fuoco che avrebbe potuto causare l’evento tragico è stato fatto dalla collina Karachun" da dove "non si vede il luogo del fatto", assicurano. Determinante sarebbe anche la distanza tra la collina e il punto in cui morì Rocchelli, per gli ucraini non compatibile con le armi in dotazione. Di avviso opposto, oltre ai giudici del primo grado, anche i familiari del reporter ucciso e il sindacato dei giornalisti, parte civile con l’avvocato Giuliano Pisapia.

 

 

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