Cesate, quando la violenza non ha sesso: "Mio figlio ucciso dalla compagna"

La storia di Marco Benzi preso a martellate e strangolato dalla convivente mentre dormiva. Appello dalla madre: "Stop a ogni brutalità. Dimenticare è impossibile"

Katia Bertuzzi mostra la foto da bambino del  figlio Marco Benzi

Katia Bertuzzi mostra la foto da bambino del figlio Marco Benzi

Milano, 24 novembre 2019 - «Di violenza muoiono anche gli uomini», a dirlo è Katia Bertuzzi, mamma di Marco Benzi, ucciso a martellate nel sonno dalla compagna Sabrina Amico nel 2017, il 25 novembre, giornata mondiale contro il femminicidio. La donna, 39 anni, dovrà passare altri 8 anni in una casa di cura psichiatrica. «Stop a ogni violenza nel nome di mio figlio», è il messaggio che Katia, condannata a uno strazio che non trova fine, vuole lanciare in questi giorni «durissimi».

Domani saranno due anni dall’uccisione di Marco... «Il pensiero, particolarmente in questo periodo, mi riporta continuamente a ripensare alla brutalità con cui gli è stata strappata via la vita. Non dimentico, penso continuamente con quanta efferatezza è stato colpito. Mio figlio è stato preso a martellate dalla sua compagna, e quando si è accorta che era ancora vivo lo ha strangolato».

La sentenza ha riconosciuto l’infermità mentale di Sabrina che non è in prigione... «Lei dovrà scontare dieci anni in cura, per noi sarà ergastolo a vita. E comunque preferisco essere la mamma della vittima che non quella della carnefice, sarei morta subito di dolore».

Per ricordare Marco ha aperto una pagina social, dove invita alla preghiera. «Su Facebook ho incontrato tante persone che sento vicine in questa mia disgrazia. Davanti alla morte di un figlio si affronta il vero dolore, la cura non può che essere nell’amore, nella preghiera».

Marco è stato ucciso da una donna, nel giorno in cui si celebra la lotta la femminicidio. La sua Katia sembra una voce fuori dal coro... «La mia voce, per quanto stanca, vuole continuare a ricordare che Marco è stato ucciso proprio quel giorno; che non c’è solo il femminicidio, che la violenza è qualcosa che riguarda tutti: uomini, donne e bambini. Si combatte infondendo il senso di rispetto per gli altri, un percorso che inizia nelle famiglia, nella scuola».

Suo figlio era un allenatore della San Francesco Calcio... «Amava i bambini, era apprezzato da tutti. I compagni di lavoro quest’anno a giugno gli hanno dedicato la prima edizione di un memorial. Un gesto bellissimo».

Come si vive dopo una tragedia così grande? «A metà. La sofferenza che sto continuando a provare è atroce e solo adesso sto cominciando a realizzare che Marco non c’è più. Non lo accetto, credo non lo accetterò mai. Penso a Denis, l’altro mio figlio, alle mie nipotine, mi tiene questo in vita: fare la nonna». Pensa mai al perdono? «È un cammino che come credente voglio, devo fare. Ma è lungo e faticoso, il pensarlo credo che già sia un passo avanti, se mai ci riuscirò sarà davvero una grazia del Cielo, perché sapere come è morto mio figlio è una sofferenza tremenda. Atroce. Insuperabile. Inaccettabile. Ci penso al perdono, ma c’è ancora troppa rabbia in me. Marco aveva 43 anni, lei 37, avevano la vita davanti, sembravano la coppia perfetta».

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