"Quell’opera è un inedito" Il Mibac blinda l’Ecce Puer

Sì alla dichiarazione di interesse storico-artistico del Ministero della Cultura. La scultura in cera nera di Medardo Rosso e l’etichetta della Galleria Milione

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di Nicola Palma

Non è tratta dal modello di gesso originale, esposto per la prima volta a Parigi nel 1906 e oggi custodito alla Gam di via Palestro. E non è neppure, come si credeva inizialmente, l’opera che fu commissionata all’artista da Gustavo Sforni nel 1914 a Firenze. E non può essere neanche messo in relazione all’esemplare che fa parte delle collezioni della Galleria di Arte Moderna di Roma. Insomma, quella versione di "Ecce Puer", scultura commissionata a Medardo Rosso da Emile Mond durante il suo soggiorno londinese nel 1906 e raffigurante il volto del figlio Alfred William, è a tutti gli effetti "un inedito", e di conseguenza deve rimanere in Italia.

Così hanno deciso ieri i giudici del Consiglio di Stato, che hanno dato il definitivo via libera alla dichiarazione "di interesse storico e culturale particolarmente importante" emanata per decreto il 6 febbraio 2020 dai tecnici del Ministero della Cultura. L’intricata querelle legale, di cui il Giorno si era già occupato poco più di un anno fa, ha inizio il 19 febbraio 2019, quando U.M., allora proprietario della scultura in cera nera realizzata dall’impressionista nato a Torino nel 1858 e morto a Milano nel 1928, chiede all’Ufficio Esportazione di Genova il rilascio dell’attestato di libera circolazione dell’opera "Ecce Puer". Un mese dopo, la Sovrintendenza del capoluogo ligure propone al Mibac l’acquisto coattivo per 200mila euro, fondando la richiesta su una relazione artistica che ne consiglia l’acquisizione per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. A quel punto, U.M. rinuncia al rilascio dell’attestato, "al fine della conseguente estinzione automatica del procedimento di acquisto coattivo" della scultura custodita in uno spazio espositivo capitolino. La procedura non si ferma, anche se nel frattempo l’opera è passata di mano: U.M. l’ha venduta a F.F., residente a Londra, che ne ha disposto il trasferimento nell’appartamento della moglie, a Roma. Sovrintendenza e Ministero, non informati della compravendita, continuano a scrivere a U.M. per fargli sapere che l’opera è stata sottoposta a vincolo di interesse artistico e storico particolamente importante. F.F. lo scopre solo il 26 marzo 2020, quando i titolari della galleria che custodiva la scultura fino alla vendita, rientrati in ufficio in piena pandemia, trovano le cartoline postali del Mibac. Il 16 aprile, F.F. comunica ufficialmente il passaggio di proprietà e il luogo in cui si trova l’opera, uno studio di restauro che sta riparando i danni provocati da "un accidentale sinistro domestico".

Poi scatta il ricorso al Tar per ottenere l’annullamento del decreto ministeriale: i legali del proprietario sostengono in sintesi che l’opera è tutt’altro che un unicum, visto che ne esistono altre dieci, "tutte autografe", che ritraggono lo stesso soggetto e che "ben quattro esemplari" sono presenti "in musei italiani". Detto altrimenti: l’Ecce Puer conteso non si può definire né originale né raro. Il Tribunale amministrativo dà ragione a F.F. e annulla il provvedimento del Mibac. Ora è arrivata la sentenza d’appello, che ha ribaltato quanto stabilito in primo grado e ripristinato la "tutela" per l’opera. Il motivo: la scultura, che sul basamento di legno riporta l’etichetta della storica Galleria del Milione di via Manzoni 26, ha dimensioni diverse rispetto agli altri "Ecce Puer" (di cui si parla nei volumi di storia dell’arte e di cui si trova traccia in alcune collezioni pubbliche) e "si segnala comunque per l’alto livello qualitativo" legato alla "particolarità della tecnica d’esecuzione e alla connessa capacità di Medardo Rosso, anche in questo lavoro, di tradurre in forma plastica una fuggevole impressione visiva".

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