Via dalla guerra, in coda per lavorare: Ma torneremo a vivere in Ucraina

Dal dentista all’ex impiegata dell’ufficio visti, a caccia di un impiego per sopravvivere a Milano Allo sportello Afol in totale 40 accessi, collocato il 10 per cento. "Antidoto al rischio illegalità"

Volodymir e Iryna fuggiti dall’Ucraina a febbraio

Volodymir e Iryna fuggiti dall’Ucraina a febbraio

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Milano, 1 luglio 2022 -  Volodymir a Černivci, in Ucraina, faceva il dentista. La sua compagna Iryna, 33 anni, lavorava invece per la pubblica amministrazione, nell’ufficio visti della città a pochi chilometri dal confine con la Romania. La fuga dalla guerra li ha portati a Milano con la prima ondata di profughi. Stanno cercando un impiego, e ieri hanno fatto il loro primo accesso allo sportello “Hub lavoro rifugiati“ aperto da Afol in via Strozzi, sede del centro per l’impiego di Milano. "Siamo ospiti da mia madre, in Italia da 22 anni, ma vogliamo renderci indipendenti", spiega Iryna. "Per ora rimaniamo a Milano – prosegue – in futuro speriamo di tornare nel nostro Paese, quando questa guerra sarà finita". I due giovani lasciano i loro dati agli operatori dello sportello, in attesa di una chiamata.

Dal 19 maggio, quando è stato inaugurato lo sportello, sono 40 i profughi presi in carico. Quattro hanno già trovato un posto di lavoro, in hotel di Milano. Altri stanno facendo colloqui, una quota si perde ed esce dai radar. L’agenda degli appuntamenti è piena fino a settembre e, viste le richieste, il servizio attivo inizialmente solo di giovedì è stato aperto anche di martedì. "Con questa iniziativa vogliamo offrire un canale per incrociare domanda e offerta e favorire un accesso pulito al mondo del lavoro in accordo con la Prefettura – spiega Maurizio Del Conte, presidente di Afol – perché il rischio concreto è quello di impieghi in nero, sfruttamento e illegalità". Lo sportello accoglie persone che in molti casi non parlano una parola di italiano, hanno perso tutto e vivono il trauma della guerra. Alcuni sono scoppiati in lacrime davanti agli operatori. Dall’altra parte ci sono aziende che cercano personale. Mettono sul tavolo contratti a termine, che si sposano con le esigenze dei profughi intenzionati a tornare in Ucraina. "Le richieste ci arrivano soprattutto da alberghi e ristorazione – spiegano Rosalba Miceli e Monica Musto, rispettivamente responsabile Svantaggio sociale e responsabile Progetti Sai –. Opportunità si aprono anche nelle professioni infermieristiche e nelle Rsa. Lo sportello è stato inaugurato quando è scoppiata la guerra ma è aperto a tutti i profughi, non solo ucraini". Ad accoglierli ci sono due mediatrici culturali. Primo passo per abbattere la barriera della lingua, e iniziare il percorso verso una vita autonoma.

 

 

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