Tosca, un’opera postmoderna e molto... pulp

Puccini affronta e anticipa la mostruosità del male, tema che sarà patrimonio della produzione artistica del Novecento

Luca Salsi e Anna Netrebko in Tosca

Luca Salsi e Anna Netrebko in Tosca

Milano, 7 dicembre 2019 - Con buona pace di Quentin Tarantino, e di quegli scrittori che per il tempo di una moda sono stati detti ‘Cannibali’, si potrebbe sostenere che il “pulp” in Italia è nato nel 1900 con Tosca. In quanto capolavoro ormai indiscusso, l’opera di Puccini è naturalmente un’entità ben più ricca e complessa di qualsiasi formula nella quale si tenti di ingabbiarla, ma proprio per questa ricchezza e complessità risulta anticipatrice di molti fenomeni successivi. Di sicuro anticipa temi che saranno poi dell’espressionismo, per esempio. E per molti versi è anche un’opera “postmoderna”, per la naturalezza con la quale mette insieme elementi e generi diversi, senza avere paura di mescolare la sua altissima scienza musicale con il linguaggio quotidiano del pubblico. Espressionista e postmoderna, perché non “pulp”? Narra vicende dai contenuti forti, con crimini violenti, efferatezze e situazioni macabre.

Gli ingredienti del genere ci sono tutti. È vero – giova ripeterlo - che Tosca è molto più di questo, ma è anche vero che questo suo carattere sanguinario ha contribuito da una parte a renderla amata presso il pubblico più “popolare”, dall’altra a farla cordialmente detestare dal pubblico di più raffinato sentire. Ha di sicuro ragione Riccardo Chailly quando dice che, nel suo giudizio negativo su Puccini, Mahler mentiva sapendo di mentire. Sta di fatto che nel 1901 Gustav Mahler rifiutò che Tosca venisse rappresentata al Teatro Imperiale di Vienna. Nel 1903 in una lettera alla moglie raccontò così una rappresentazione alla quale aveva assistito: «Nel primo atto solenne processione con un continuo scampanio. Nel secondo atto un tale viene torturato tra urli orrendi e un altro pugnalato con un acuminato coltello da pane. Nel terzo atto di nuovo immenso scampanio e un tale viene fucilato da un plotone di soldati. Prima della fucilazione mi sono alzato e sono andato via. Non occorre aggiungere che il tutto è messo insieme, come sempre, con abilità da maestro; al giorno d’oggi ogni scalzacane sa orchestrare in modo eccellente». È interessante notare come, anche nell’ambito di una solenne stroncatura, Mahler riconosca che Puccini è un maestro e sa orchestrare in modo eccellente. Quello che proprio non gli va giù è la volgarità della tortura, l’accoltellamento di Scarpia – e, immaginiamo, la scena macabra che ne segue, con il crocifisso posto sul petto e le candele accese ai lati del morto -, oltre alla fucilazione in diretta. Ma già una trentina d’anni addietro Edouard Manet aveva messo a rumore il mondo dell’arte con quattro dipinti che raffiguravano la fucilazione dell’imperatore Massimiliano, discendenti diretti del quadro famoso dedicato da Goya all’esecuzione dei patrioti spagnoli che nel 1808 avevano difeso Madrid dall’invasione delle armate napoleoniche.

Precedenti pittorici a parte, va dato atto a Puccini che mai la violenza è fine a se stessa, ma sempre è funzionale al dramma. Tosca non si limita a mettere in scena, come il teatro d’opera aveva fatto fino ad allora, una pur straordinaria malvagità, ma affronta direttamente quella mostruosità del male che sarà patrimonio dell’opera del Novecento. Il personaggio perverso e demoniaco di Scarpia, nel coniugare la difesa del trono e dell’altare con i suoi intenti lussuriosi, suggerisce in anticipo non poche riflessioni sui rapporti tra sessualità e potere. La povera Floria Tosca, diventata assassina per non sottostare all’immondo patto propostole dal suo aguzzino, si trova ad aprire una serie numerosa di prime donne o di personaggi del teatro musicale del Novecento che popolano la micidiale zona Sesso, Sangue, Sadismo. La triade viene come addolcita nell’opera di Puccini dal sentimento dei due amanti. «Tu!|…di tua man l’uccidesti?», domanda Cavaradossi all’amata. «Ne ebbi le man tutte lorde di sangue», risponde Tosca. E il commento è: «O dolci mani mansuete e pure…». Come sempre nel teatro di Puccini, la passione amorosa è al di sopra di tutto ed è un criterio estraneo alle logiche sociali e mondane. Così le mani sporche di sangue di Tosca possono diventare “dolci mani”. E Tosca stessa, in quanto assassina, è assolta e quasi Santa.

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