Il medico-eroe del Policlinico: "Così ho salvato la piccola Amira"

Il direttore della cardiochirurgia contro mille ostacoli

Il dottor Alessandro Frigiola (Canali)

Il dottor Alessandro Frigiola (Canali)

San Donato Milanese, 20 marzo 2018 - Una corsa contro il tempo per salvare la vita a neonata con una gravissima cardiopatia congenita, un duello all’ultimo imprevisto su un volo da Tunisi a Malpensa finito con un vero miracolo. Un aereo in ritardo di quattro ore, le bombole di ossigeno arrivate al limite, la temperatura della bambina in continua discesa: una storia che ha tenuto col fiato sospeso centinaia di passeggeri.

È stato Alessandro Frigiola, il direttore della cardiochirurgia del Policlinico di San Donato, a salvare la vita alla piccola Amira, una bambina di 10 giorni fortemente sottopeso, partita con la famiglia dalla Tunisia per sottoporsi a un intervento sulla valvola cardiaca proprio al Policlinico. Anche se a fare incrociare l’eroico primario e la piccola è stato solo il destino. «Stavo rientrando a Milano e causalmente ho saputo che sul mio volo ci sarebbe stata Amira, una bambina fragilissima, con una malformazione cardiaca e che pesava soltanto un chilo e 600 grammi», racconta il professor Alessandro Frigiola, che con l’associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo ha salvato la vita a migliaia di piccoli pazienti. «Quando sono arrivato in aeroporto – continua –, il volo era già in ritardo di ore. Mi sono sentito chiamare dall’altoparlante perché la piccola non aveva una culla termica ed era sotto ossigeno da due ore, le bombole erano al limite della capienza. Le condizioni erano veramente critiche. Inoltre, quando ho chiesto di salire sull’aereo per verificare le condizioni della neonata, abbiamo saputo che il carrello aveva una ruota guasta e che il volo sarebbe partito quattro ore dopo».

Non c’era tempo, l’ossigeno era agli sgoccioli. «Il papà ha smosso mari e monti, compreso il ministero Tunisino, per farsi portare in emergenza altre due bombole, che però potevano durare al massimo un’ora e mezza, troppo poco per arrivare a destinazione. A quel punto, ho chiesto al comandante di fare l’impossibile. Quando siamo atterrati avevamo ossigeno per altri cinque minuti, ma non è stato l’unico imprevisto. Durante il volo, la temperatura della bambina è arrivata a 36,2: era al limite della sopravvivenza, altre due linee in meno e la piccola sarebbe andata incontro alla fibrillazione del cuore e, a quel punto, sarebbe morta. Ho chiesto alle hostess di alzare la temperatura in cabina per salvare la vita ad Amira. Ci siamo ritrovati in un forno, con una temperatura tropicale. Ho parlato con i passeggeri, che hanno capito la situazione e hanno iniziato a fare il tifo per lei. Hanno sopportato l’impossibile. Poi sulla tangenziale siamo incappati in altri due incidenti. Una corsa a ostacoli». Finita bene, la piccola è stata operata e ha superato la prova.

 

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