"Più che dei veri ristori ci danno un’elemosina"

Nicoletta Stellini dell’hotel Scià on Martin alle prese con le stanze vuote una stagione drammatica e i dipendenti in cassa integrazione “a rotazione“

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di Ivan Albarelli

Prima lo choc della chiusura in primavera, poi la riapertura a giugno, poi la chiusura per ferie ad agosto, infine due mesi – settembre e ottobre – in cui il lavoro non è mancato e la fiducia a poco a poco è cominciata a tornare. A novembre, il nuovo lockdown. Una doccia gelata. E l’esasperazione che diventa rabbia. Già, la rabbia. È quella che sta provando la responsabile dello Scià on Martin di Buscate. Una decina di camere attualmente occupate su 44, quando nei momenti d’oro, prima dell’arrivo del Covid, fra fiere ed eventi sportivi il tasso d’occupazione in questo hotel-ristorante quattro stelle era dell’ottanta per cento in media. "Rimaniamo aperti perché ci sono lavoratori e manager in trasferta e che hanno bisogno di soggiornare sul territorio; e per dare anche, per così dire, una parvenza di normalità – racconta Nicoletta Stellini – ma è chiaro che non è una situazione “normale“. Abbiamo pure adottato il delivery serale, ma qui non siamo a Milano: lo abbiamo esteso a tutti i Comuni del Castanese e ce ne occupiamo noi stessi. Funziona, specie nel fine settimana, è però evidente che non arriviamo a fare centinaia di consegne ogni giorno come succede in una grande città".

Nel frattempo allo Scià ci sono sempre costi e personale da gestire, come ai tempi in cui tutte le camere erano occupate. La reception e la cucina da tenere aperti. Le stanze (in inverno) da scaldare e, inoltre, da sanificare con procedure straordinarie rispetto a prima, compreso l’utilizzo del vapore a cento gradi.

"Abbiamo venti dipendenti sottoposti in questo mese, a rotazione, alla cassa integrazione – continua Nicoletta –. Vogliamo allora parlare di quanto lo Stato gli reintegra? Delle cifre ridicole, la metà dello stipendio. E a novembre è arrivata la cassa di luglio". La “vaga“ sensazione è quella di sentirsi presi in giro. E Stellini lo fa capire senza troppi giri di parole. "Siamo stati fra i primi settori a metterci in regola con i nuovi dispositivi di sicurezza, a ridurre i posti a tavola per garantire il distanziamento. A mettere i gel sanificanti in tutte le camere, per dirne un’altra. E poi ci costringono a chiudere. Dovevano essere più rigorosi coi controlli là dove le regole non venivano rispettate. E invece hanno preferito far pagare il conto al nostro settore". Sensazione di beffa che c’è anche quando si parla dei famigerati ristori. "Me lo lasci dire: sono un’elemosina – è lo sfogo –. Per il primo, relativo ad aprile, io ho preso il 10 per cento del fatturato registrato ad aprile 2019; per il secondo relativo a novembre dovrei prendere il 150 per cento di quanto percepito col primo ristoro (aprile 2020, ndr). Poche migliaia di euro insomma, che serviranno a ben poco per una struttura come lo Scià On Martin. E dico “dovrei“ sa perché? Quei soldi io li sto ancora aspettando...". Alla fine del mese mancano sei giorni.

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