Più tecnologie per favorire il lavoro ibrido

Ruben

Razzante

La diffusione dello smart working durante la pandemia ha favorito le attività delle imprese, rendendole più flessibili. Tuttavia, soprattutto per alcune funzioni, il lavoro presso la sede aziendale è imprescindibile. Ecco perché nel mondo imprenditoriale si vanno sempre più affermando modelli di lavoro ibrido (hybrid working), cioè modalità di lavoro flessibile in cui il lavoratore opera in parte da remoto (da casa o da altro luogo) e in parte in azienda. Secondo le stime al 2023 di Idc - prima società mondiale di ricerche di mercato, consulenza ed eventi in ambito IT e innovazione digitale- i modelli di lavoro ibridi diventeranno parte integrante delle future pratiche aziendali per soddisfare sia le esigenze di flessibilità dei dipendenti sia le aspettative dei datori di lavoro in cerca di processi più agili e produttivi. Nel 2021 il lavoro ibrido è stato adottato da oltre il 40% delle imprese, e si prevede che entro il 2023 l’accelerazione digitale e l’estrema mutabilità dei mercati spingeranno il 70% delle organizzazioni a implementare questa modalità. Sta pertanto diventando fondamentale la “parità tecnologica”, per garantire a tutti in maniera egualitaria l’accesso continuo e sicuro alle risorse. Affinchè l’economia digitale possa crescere anche attraverso la valorizzazione di forme di lavoro ibrido, occorre potenziare le interazioni tra i dipendenti in remoto e quelli in presenza, fornendo linee guida e best practice per sviluppare competenze e condividere progetti e azioni. La parità tecnologica va garantita anche per supportare la collaborazione e la produttività in un ambiente di lavoro ibrido. Le aziende dovranno colmare le carenze in dotazioni tecnologiche per i dipendenti che lavorano in remoto, investendo in dispositivi, connettività e applicazioni basate sul cloud. Intelligenza artificiale e automazione potranno essere utili per incentivare il processo.

*Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica