Pirelli, processo amianto: due anni senza sentenza

In ritardo le motivazioni delle nove assoluzioni per i morti alla Pirelli. "Così niente ricorsi"

 L’indignazione delle parti civili del processo

L’indignazione delle parti civili del processo

Milano, 7 dicembre 2018 - «A due anni dalla sentenza del 19 dicembre 2016 con cui il Tribunale di Milano ha assolto nove ex manager Pirelli per 28 casi di operai morti o ammalati gravemente a causa dell’amianto, non risultano ancora depositate le motivazioni della sentenza del giudice Anna Maria Gatto». Lo scrivono il Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro, Medicina democratica e l’Associazione italiana esposti amianto in un volantino distribuito a Palazzo di Giustizia e formalizzato in un documento indirizzato ai vertici del Tribunale. Quali gravi conseguenze porta la mancanza di deposito della motivazione? Fa correre la prescrizione e impedisce l’impugnazione. Gli ex dirigenti dell’azienda vennero assolti con formula piena nel processo cosiddetto “Pirelli bis”, centrato sulle accuse di omicidio colposo e lesioni gravissime per quasi 30 casi di operai morti o ammalati a causa dell’amianto, dopo aver lavorato negli stabilimenti milanesi dell’azienda tra gli anni ‘70 e ‘80. Le motivazioni sarebbero dovute arrivare dopo 90 giorni (i termini sono stati poi prorogati più volte).

Ora le tre associazioni  hanno deciso di depositare «una segnalazione» al presidente del Tribunale di Milano Roberto Bichi e al presidente della quinta sezione penale Ambrogio Moccia (Anna Maria Gatto è ora presidente del Tribunale di Pavia), per denunciare «un grave nocumento per le parti civili rappresentate dall’avvocato Laura Mara». «Con il tempo - scrivono - la prescrizione corre con grave danno per le parti civili e le vittime e le loro associazioni senza le motivazioni della sentenza non possono neanche presentare appello», mentre «non si ferma la conta dei morti fra chi ha lavorato alla Pirelli, in attesa di una giustizia che non arriva mai, altri ex lavoratori continuano ad ammalarsi e morire». Per questo le associazioni «chiedono all’Autorità Giudiziaria di assumere i provvedimenti riguardo al caso in esame, riservandosi di intraprendere iniziative di lotta contro il persistere di questa malagiustizia che rappresenta un affronto». Il legale Laura Mara ha chiarito che le ragioni del lunghissimo ritardo nel deposito delle motivazioni «sono a noi ignote». A Milano, nel frattempo, negli ultimi processi sull’amianto con imputati ex manager di aziende sono sempre arrivate assoluzioni. «Continueremo a lottare – si legge ancora nella nota delle associazioni – anche nelle aule del tribunale, nelle piazze, nel territorio e sui luoghi di lavoro finché le vittime e i loro familiari non avranno avuto giustizia».

Immediata è stata la replica del presidente Bichi, che ha assicurato di aver contattato l’ex presidente della quinta sezione penale, Anna Maria Gatto. «Mi ha chiarito ieri che il motivo del ritardo è collegato al suo trasferimento a Pavia, ai molti impegni per riorganizzare quel Tribunale e anche a problemi personali». Bichi ha evidenziato poi il «lodevole impegno» del giudice che, sebbene fosse stata già applicata come presidente a Pavia quando era ancora in corso il dibattimento, ha deciso di portare a termine il processo, e ha spiegato che Gatto «sta lavorando anche il sabato e la domenica» per completare le motivazioni e depositarle, «consapevole della situazione che si è creata».

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