Treno deragliato a Pioltello, nessun controllo sui binari della morte

Chiusa l'inchiesta, fra gli indagati l’ex capo dell’Agenzia per la sicurezza e il vice

Il treno deragliato a Pioltello

Il treno deragliato a Pioltello

Pioltello (Milano), 11 ottobre 2019 -  A pochi giorni dalla chisura della lunga inchiesta sull’incidente ferroviario di Pioltello, in cui la mattina del 25 gennaio 2018 morirono 3 persone e altre 50 rimasero ferite, tra gli indagati, oltre a quelli già noti di Rfi e Trenord, spunta un nome di spicco, quello di Amedeo Gargiulo all’epoca direttore dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie.    Sempre tra gli indagati con l’accusa di disastro ferroviario colposo, e una serie di altri reati minori, figura anche il suo vice di allora, con funzione di caposettore. Per la Procura, l’Ansf non avrebbe effettuato alcun controllo nella tratta ammalorata, quindi a rischio. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, nei prossimi giorni verrà chiusa con l’avviso di conclusione indagini alle parti e quindi con il deposito degli atti. Nel fascicolo, che è stato aperto a gennaio di un anno e mezzo fa per i reati di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, sono indagati anche, come era già noto, 2 manager e 7 tra dipendenti e tecnici di Rfi (Rete ferroviaria italiana) e 2 manager di Trenord. Secondo la relazione finale dei consulenti tecnici nominati dai pm, depositata lo scorso marzo, il disastro ferroviario di Pioltello è stato causato dallo «spezzone di rotaia di 23 centimetri che si è fratturato», nel cosiddetto «punto zero», per «un danneggiamento ciclico irreversibile generato da condizioni di insufficiente manutenzione». E - si legge ancora nella relazione dei periti - «l’assenza dei controlli US (ultrasonori) non ha consentito di monitorare la progressione irreversibile del danneggiamento del giunto in cattive condizioni», anzi ci sono stati «ritardi nella sostituzione proprio di quest’ultimo».

La causa finale del deragliamento, infatti, fu «la sopraelevazione della ruota destra» del terzo vagone del convoglio dovuta alla «interposizione dello spezzone di rotaia», quello da 23 centimetri che si staccò, «tra il binario di corsa e la ruota stessa». E sarebbe stata proprio la mancata «istruzione delle richieste di sostituzione del giunto nel punto zero problema che era noto da almeno 11 mesi aggiunta ai ritardi nella programmazione delle attività di sostituzione» che avrebbero portato alla conseguenza di un «irreversibile ammaloramento del giunto, una progressione tale da arrivare fino al cedimento finale». Per tamponare il problema, venne soltanto piazzata momentaneamente una tavoletta di legno sotto il giunto per evitare che la rotaia sbattesse contro la massicciata. Le indagini dei mesi successivi all’incidente hanno permesso agli investigatori di individuare le responsabilità dei vari funzionari che avevano il compito di eseguire i controlli. Tra gli indagati appunto ci sono anche gli ex vertici dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, un organismo indipendente che, secondo i pm, però, su quella tratta non avrebbe effettuato alcun controllo. L’allora direttore Amedeo Gargiulo, tra l’altro, fu sostituito con un altro numero uno già nel luglio del 2018, sei mesi dopo il disastro.

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