Milano, piazzale Libia 20: un limbo lungo un anno

Viaggio nel palazzo devastato da un’esplosione il 12 settembre 2020. Tra lavori mai partiti e residenti esasperati: abbiamo le mani legate

Il piano terra sventrato dall'esplosione

Il piano terra sventrato dall'esplosione

Milano, 11 settembre 2021 - Il portone d’ingresso è ancora provvisorio. Un cartello informa dei lavori di messa in sicurezza, demolizioni e ripristino: data di inizio 14 settembre 2020. Fine: sconosciuta. Così si presenta il palazzo di piazzale Libia 20, che esattamente un anno fa, la mattina di sabato 12 settembre, fu sventrato da un’esplosione originatasi nell’appartamento al piano terra abitato dal barman ucraino di 30 anni Adam Serdiuchenko. Varcando la soglia sembra di mettere piede in un cantiere. "Tutto è tale e quale da un anno. Siamo nel limbo e non sappiamo quando la situazione si sbloccherà", spiegano i residenti, mostrando l’alloggio ancora sotto sequestro.

Gli abitanti aggiungono: "Avremo le mani legate finché la magistratura non si pronuncerà. Formalmente, l’indagine non è ancora chiusa". L’amministrazione del condominio conferma: "Dato che le due assicurazioni coinvolte potranno procedere con la liquidazione solo una volta chiuso l’iter, al momento non è possibile andare avanti coi lavori nell’androne e nelle parti comuni. In parte è stato versato un indennizzo".

Laura, che vive di fronte alla casa esplosa, ricorda i momenti di terrore: "Mi sono svegliata perché la parete si stava piegando, per miracolo l’armadio a ponte non mi ha schiacciata". Una vicina allarga le braccia: "Impossibile al momento anche ristrutturare l’appartamento che si trova sopra quello esploso: la donna che abitava lì è ancora fuori".

La fragorosa esplosione aveva rotto il silenzio alle 7.15: dagli accertamenti di vigili del fuoco e consulenti tecnici parrebbe non esserci dubbio sul fatto che sia stato un atto volontario, considerando che il tubo del gas nella cucina di Serdiuchenko era staccato. Il ragazzo (adottato da piccolo in un orfanotrofio ucraino), che fu l’unico ferito grave, non è stato in grado di chiarire cosa sia successo dopo mesi di coma. Nei mesi scorsi era emerso che il pm Mauro Clerici, basandosi sia sulle conclusioni degli esperti sia sul fatto che non ci furono morti né feriti, non era intenzionato a contestargli l’ipotesi di strage, bensì di incendio doloso. In ospedale, il trentenne ha ricevuto la visita di Aly Harhash, sessantunenne egiziano che quel giorno lo soccorse salvandogli la vita insieme a Paolo Germani, residente del quarto piano e ora trasferitosi altrove. "Io e mia moglie – sottolinea – lo avevamo già pianificato perché ci serviva una casa più grande". Lo scorso 12 settembre, sua moglie era incinta all’ottavo mese. Ora il bambino della coppia ha 10 mesi. "Lo battezzeremo domani, giorno dell’anniversario dell’esplosione: speriamo sia di buon auspicio".

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