Piazza Fontana, telefonata dopo 46 anni. Il prefetto alla vedova Pinelli: parliamoci

Milano, un gesto fondamentale per giungere a una verità su quei giorni di NICOLA PALMA e LUCA SALVI

La strage di Piazza Fontana

La strage di Piazza Fontana

Milano, 12 dicembre 2015 - Un primo contatto. Una telefonata di pochi minuti per instaurare un rapporto. Per sentirsi e conoscersi. In vista di un futuro incontro, che a questo punto pare avvicinarsi sempre di più. A quarantasei anni dalla morte di Giuseppe “Pino” Pinelli, ieri pomeriggio il neoprefetto di Milano Alessandro Marangoni ha chiamato Licia Rognini, ottantasettenne vedova del ferroviere anarchico precipitato il 15 dicembre 1969 in circostanze mai del tutto chiarite da una finestra della Questura, dov’era trattenuto per accertamenti relativi all’attentato alla Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana avvenuto tre giorni prima. E il passo del nuovo numero uno di corso Monforte, già al vertice di via Fatebenefratelli tra il 2010 e il 2012, è arrivato proprio nell’immediata vigilia dell’anniversario della strage di matrice neofascista che diede il via alla cosiddetta “strategia della tensione”.

«Sì, hanno chiamato – fa sapere Claudia Pinelli, secondogenita di Pino e Licia – ma per ora non è stato fissato nessun incontro. È stato il primo contatto tra il prefetto e mia madre, in assoluto la prima volta che un questore o prefetto ci chiama in 46 anni. Un passo che non viene da noi, ma noi ci siamo. Se vorranno proporci un incontro e se durante questo incontro avranno delle cose da dirci, noi ascolteremo e poi valuteremo». Un passo importante? «Diciamo – aggiunge Claudia – che un passo importante è stato fatto quando il presidente Giorgio Napolitano ha riconosciuto mio padre come vittima innocente della strage di piazza Fontana. Dopo tutti questi anni, qualsiasi contributo alla verità e alla memoria è gradito». E la mente va alla mattina del 9 maggio 2009, quando, entrambe invitate dall’allora capo dello Stato nel Salone dei Corazzieri del Quirinale in occasione del Giorno della memoria per le vittime del terrorismo, Licia Rognini e Gemma Capra, vedova del commissario Luigi Calabresi, si strinsero la mano «guardandoci negli occhi dopo 40 anni». 

A sei anni e mezzo da quell’incontro, la mossa del massimo rappresentante del Governo in città, il prefetto Alessandro Marangoni. Che, come preannunciato una settimana fa nella conferenza stampa di insediamento a Palazzo Diotti, ha lanciato «il segnale»: «Sono convintissimo – aveva dichiarato sabato scorso – che si debba ripensare al rapporto con la famiglia Pinelli: viviamo un momento particolare, dove ci sono spazi di discussione e confronto, dove non dobbiamo temere di aprirci, di affrontare pagine di storia». Promessa mantenuta. Marangoni ha gettato il seme, «senza pretese che la pianta cresca dopo tre giorni». Magari ce ne vorrà qualcuno in più, ma ormai il percorso è stato avviato. E certamente il gesto di distensione dell’ex vicecapo della polizia è stato apprezzato dalla signora Licia, che si sarebbe presa un po’ di tempo per riflettere. Plaude all’iniziativa il giudice Guido Salvini, che si occupò dell’inchiesta sulle trame nere dalla quale è scaturito l’ultimo processo ai presunti responsabili della morte di 17 persone e del ferimento di altre 88: «Marangoni ha fatto una dichiarazione coraggiosa – ha dichiarato a una trasmissione di Radio 1 affermando che vuole aprire un canale di dialogo con la famiglia Pinelli". Ora non resta che aspettare. Con pazienza.

nicola.palma@ilgiorno.net luca.salvi@ilgiorno.net

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