Ludopatico per un farmaco contro il Parkinson, Pfizer condannata

Sotto accusa gli effetti collaterali incontrollabili che il medicinale ha provocato, tra cui ludopatia e ipersessualità, costringendolo a licenziarsi

La ludopatia come effetto collaterale di un farmaco Pfizer

La ludopatia come effetto collaterale di un farmaco Pfizer

 Pfizer Italia dovrà risarcire i danni biologici per invalidità temporanea per sei anni e i danni economici a un paziente che dal 2001 al 2006 ha assunto il medicinale ‘Cabases’ prodotto dall’azienda farmaceutica statunitense per la cura del Parkinson per gli effetti collaterali incontrollabili che il medicinale gli ha provocato, tra cui ludopatia e iper sessualità, costringendolo anche a licenziarsi dal lavoro. Lo ha deciso venerdì scorso la Corte d’Appello di Milano che ha confermato la decisione del Tribunale di Milano del marzo 2020 che aveva “accertato la responsabilità di Pfizer Italia nella determinazione dell’effetto collaterale della ludopatia per assunzione di Cabases” condannando l’azienda farmaceutica a risarcire circa 200mila euro per danni morali e circa 300 mila euro per danni economici, oltre agli interessi.

Il paziente, un sessantenne residente in centro Italia, 40enne all’epoca dell’insorgere dei disturbi, nel 2015 si è rivolto al Tribunale di Milano sostenendo che le reazioni avverse da molti anni prima dell’assunzione del prodotto fossero note in letteratura scientifica e alle aziende e che tuttavia fossero stati aggiunti sul foglietto illustrativo solo a partire dal 2007. In cinque anni il paziente aveva acquistato 1.802 carte di credito usa e getta per giocare online e sottratto oltre 100 mila euro all’azienda. Il principio cardine affermato dai magistrati d’appello di Milano è che qualunque azienda farmaceutica per discolparsi deve “dimostrare la rigorosa osservanza di tutte le sperimentazioni e i protocolli previsti dalla legge prima della produzione e della commercializzazione del farmaco” e, come confermato anche dalla Cassazione “di aver fornito un’adeguata informazioni circa i possibili effetti indesiderati dallo stesso, aggiornandola, se necessario, in relazione all’evoluzione della ricerca”.

 Il tribunale di Milano nella sentenza di primo grado, poi approvata dalla Corte, aveva affermato che le case farmaceutiche hanno “l’obbligo di svolgere verifiche sui medicinali, valutare la frequenza e i casi di manifestazione degli effetti collaterali e anche contenuta hanno l’obbligo di segnalare l’effetto indesiderato detto obbligo si innesta sulla pacifica valorizzazione della peculiarità delle sue particolari predisposizioni genetiche tipiche della natura umana per detta ragioni se non conoscibili ne oggetto di possibili valutazione a monte della commercializzazione del farmaco”.

“Non abbiamo mai messo in dubbio l’ottima azione sotto il profilo medico, riconosciuta anche dal nostro cliente - spiega Stefano Bertone, uno dei legali del paziente - ma semplicemente il difetto per mancanza di una qualità fondamentale, ovvero l’indicazione in foglietto illustrativo delle reazioni avverse: gli utilizzatori devono sempre conoscerlo in anticipo, i foglietti illustrativi non sono tutti uguali”. “In questo caso - aggiunge l’avvocato Chiara Gribaudo - l’informativa e mancate per lungo tempo il bugiardino hanno del tutto omesso tali informazioni vitali nonostante le aziende del comparto al loro interno ne discutessero da anni”.

“Quei bugiardini - conclude l’avvocato Renato Ambrosio - da anni sono stati modificati e avvisano i consumatori di non farsi sorprendere dai loro comportamenti. Le sentenze di primo e secondo grado di Milano confermano quello che ritenevamo, ossia che si sarebbe potuto e dovuto fornire queste informazioni molto prima”. 

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