Da Milano a Firenze ancora guai per Pereira, sovrintendente del Maggio

L’austriaco nella bufera per le "spese pazze" con la carta aziendale del Maggio. I precedenti scaligeri tra Salisburgo e Arabia Saudita

Il sovrintendente Alexander Pereira

Il sovrintendente Alexander Pereira

Milano - A Milano le polemiche erano iniziate prima del suo arrivo, tanto da metterne pesantemente in discussione la nomina a sovrintendente della Scala. E pure il suo addio era stato segnato dalla bufera sui 15 milioni di euro in arrivo dall’Arabia Saudita, contropartita di una collaborazione che avrebbe portato un esponente del governo di Ryad nel Cda di via Filodrammatici. Tutti ricordano come andò a finire: il board presieduto dal sindaco Giuseppe Sala bocciò il piano e confermò il manager fino alla scadenza naturale del mandato, fiaccandone però le velleità di un rinnovo quinquennale.

Poco male per Alexander Pereira, uomo dalle mille risorse e dai mille contatti, noto e stimato nell’ambiente soprattutto per la sua capacità di reperire fondi da finanziatori privati. Nessuno si sorprese, nell’autunno del 2019, quando, prima ancora di terminare il mandato al Piermarini, l’ineffabile austriaco trovò subito un nuovo teatro da dirigere: il Maggio Musicale Fiorentino. A due anni dall’insediamento, ecco (puntuale, sussurrano i detrattori) la nuova querelle, scatenata da due interrogazioni di Fratelli d’Italia: domani il viennese dovrà presentarsi davanti ai consiglieri comunali della Commissione Controllo di Palazzo Vecchio per giustificare le cene al ristorante, i conti dal pescivendolo, dal macellaio e dall’ortolano e in generale i 60mila euro spesi nel 2021 con la carta di credito aziendale.

Spese su cui la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo esplorativo. "Non è un segreto per nessuno che io ami cucinare e ospitare a casa mia – ha replicato il diretto interessato –. Di tanto in tanto mi metto ai fornelli, proprio per spirito conviviale, per ospitare sia i finanziatori sia gli artisti, spesso gli uni e gli altri assieme in un clima amichevole, rilassato e discreto. Saltuariamente e con gioia e piacere, succede che io prepari per loro piatti con i prodotti presi alla bottega vicino casa. Non lo nascondo in nessun modo, tanto che gli scontrini sono lì sotto gli occhi di tutti". Il settantaquattrenne ha incassato il sostegno del maestro Zubin Mehta ("Ha portato sponsor e qualità"), ma ancora una volta è tornato sulla graticola. Come gli è accaduto a Milano almeno due volte.

Il primo caso deflagra nell’aprile 2014: Pereira è stato designato come successore di Stéphane Lissner alla Scala, ma in quel periodo è ancora un consulente esterno. Dall’Austria, il sito klassik.com lancia l’indiscrezione: il Piermarini avrebbe acquistato sette opere (quattro, in realtà) dal Festival di Salisburgo, guidato proprio dall’intendente Alexander Pereira. Tradotto: Pereira avrebbe acquistato da se stesso alcuni spettacoli senza avere né il budget né il potere di firma per farlo. L’allora sindaco Giuliano Pisapia avvia una lunga riflessione, cerca di capire cosa sia davvero successo e arriva persino a chiedere un parere legale a un giuslavorista per l’eventuale licenziamento. Alla fine, è lo stesso Pereira, che a differenza del Diavolo fa le pentole e pure i coperchi, a proporre la soluzione: resto per un anno e mezzo, gestisco la maxi stagione di Expo e poi mi dimetto. È il compromesso, all’italiana, che consentirà all’austriaco di ripresentarsi a fine Esposizione universale con un pieno di sold out (e di quattrini) e di guadagnarsi la riconferma fino al 2020.

E arriviamo alla seconda querelle, che esplode nella primavera del 2019. Nel mirino finisce l’accordo stipulato tra Pereira e il Governo dell’Arabia Saudita: il primo incassa per conto del Piermarini 15 milioni di euro (3 per 5 anni), la monarchia guidata da Salman conquista un posto nella stanza dei bottoni. Quando la notizia viene fuori, tutti si smarcano, anche chi era stato informalmente avvisato della trattativa in corso. Il sovrintendente resta solo, ma sa bene come difendersi: sostiene che siano stati personaggi vicini alla Lega a favorire i primi contatti; la stessa Lega che in quei giorni ne chiede a gran voce il siluramento immediato. Pure in quell’occasione, il redde rationem è preceduto da veleni incrociati e tentativi di mediazione. Il verdetto finale: stop all’intesa, restituzione dei 3,1 milioni già versati da Ryad su un fondo di garanzia e salvezza a tempo per Pereira. Che ora rischia ancora. Ce la farà pure stavolta?

 

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