Dalla Baggina a un palco della Scala

Liliana e Piero al debutto del balletto del Bolshoi sul palco della Regione prestato agli ospiti del Pat

Piero Braconi e Liliana Tondino detta Lilli alla Scala

Piero Braconi e Liliana Tondino detta Lilli alla Scala

Milano, 12 settembre 2018 - «Bellissimo», s’illumina Liliana Tondino detta Lilli, 89 anni e quell’eleganza che per le signore milanesi è una forma d’educazione, anche se si tratta solo di una chiacchierata in piazzetta Schuster, crocevia di quella piccola città che è la Baggina. Figuriamoci venerdì per andare alla Scala, sul palco della Regione a un’incollatura da quello reale, al balletto del Bolshoi che tornava dopo 11 anni. «Non sono un esperto – precisa Piero Braconi, 72 anni, che tutti qui chiamano l’Avvocato –, ma ho capito subito che il livello era fuori dal comune. “Ma sai chi erano?”, mi ha detto Gaiya, l’infermiera di notte, che è russa».

Per Lilli era la quarta volta al Piermarini da che è entrata al Trivulzio – «e saranno tre anni il 29 settembre» –, nel palco riservato da sei posti la Regione, quando è libero, ha deciso di cedere a rotazione ad associazioni e istituzioni, e la prima è stata il Pat. «Abbiamo iniziato l’anno scorso con due spettacoli di prova», spiega il direttore generale Claudio Sileo. Il nuovo governatore Attilio Fontana ha trasformato l’esperimento in una prassi regolare: «Un modo di avvicinare il palazzo ai cittadini – spiega il presidente –, di dare la possibilità a chi altrimenti non l’avrebbe di accedere a queste esperienze, come abbiamo fatto con i seicento biglietti per l’ultimo Gp di Monza regalati ai neodiplomati lombardi». «Mese per mese ci mandano l’elenco degli spettacoli, noi ne scegliamo uno o due, perché solo una decina dei nostri ospiti è nelle condizioni di andare, ovviamente con gli accompagnatori – spiega il dg, che venerdì ha scortato Liliana e Piero alla Bayadère. –. A me pare un buon utilizzo per un palco istituzionale. Per loro è anche un’occasione di uscire, vedere la città». A incantare Lilli e l’Avvocato sono stati soprattutto i bambini: «Si muovevano all’unisono, le gambette uguali, non un muscolo più grande!» Lei era già stata alla Scala: «Tre opere, la mia preferita è la Turandot. Ci andavo con mio marito, e in una bella posizione, ma certo non in un palco! Siamo stati sposati sessant’anni, quando è morto ho pensato che fosse tutto finito. Mai avrei immaginato di trovarmi così attiva, di fare tante cose qui!» Sta al Bezzi 2 «e sono abbastanza autonoma: ho il permesso di uscire, vado al supermercato e in farmacia, senza allontanarmi molto. Ho la mia camera e le mie cose, purtroppo ho dato via i miei abiti migliori... Chi l’avrebbe mai detto che avrei avuto tante occasioni d’indossarli?», conclude, e si scusa con garbo: «Mi aspettano per la tombola».

Anche Piero l’Avvocato ama l’opera («soprattutto Rossini e Verdi») e ha frequentato la Scala «dall’età di otto anni»; persino sul palco come comparsa, e così ha conosciuto Pavarotti («Persona magnifica, peccato fosse juventino»). «Nato a Porta Vittoria», si ricordava una Baggina diversa nella Milano della sua gioventù. Si è ricreduto arrivando allo Schiaffinati 3 dalla Costa Rica, dopo tre lustri in giro per il Centramerica: Panama, Cuba, il Nicaragua, ha importato vestiti Made in Italy (e in Usa), investito in hotel, mangiato l’iguana e lo squalo blu; racconta di Fidel Castro e Daniel Ortega, e non dev’essere facile trovare qualcosa che lo stupisca. Eppure: «Sono stato all’Opéra di Parigi, andavo al Teatro Nacional de Costa Rica che i mercanti di caffè hanno fatto uguale all’Opéra, ma quando sono tornato alla Scala... Niente da fare, quell’acustica lì se la sognano».

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