"In fin di vita per mezza pasticca". La rinascita di Giorgia dalla droga

Le è stato trapiantato il fegato, ora porta il suo esempio nelle scuole di Gabriele Moroni

Ecstasy

Ecstasy

Milano, 24 luglio 2014 - Lamberto Lucaccioni, una vita durata solo sedici anni, spezzata da dosi massicce di ecstasy assunte in una discoteca di Riccione. Storie che si ripetono con ciclica regolarità, corsi e ricorsi dove non sempre è la vita a prevalere. Giorgia Benusiglio, 33 anni, milanese, divide con gli altri l’esperienza di chi ha viaggiato dalla vita alla morte e ritorno e i frutti della sua sofferta vittoria. Una mezza pasticca di ecstasy, in discoteca a Desenzano, una sera di ottobre del 1999. Il malessere di Giorgia viene diagnosticato dai medici come sospetta anoressia, quando invece è il fegato, devastato dalla droga. La vita riconquistata grazie a un trapianto. Da dieci anni Giorgia gira per le scuole, testimonial di sé e del suo vissuto drammatico. Parla ai ragazzi e ai loro genitori, si racconta e chiede che anche gli altri lo facciano. Fino a quando non è mancato, ha avuto accanto un massiccio, tenerissimo angelo custode: suo padre Mario. Ha pubblicato un libro, ‘Vuoi trasgredire? Non farti’, edito dalla San Paolo.  Giorgia, come nasce il suo impegno? «Quando è successo, nel 1999, vigeva la politica della riduzione del danno e del rischio: meglio non prenderla, ma se proprio vuoi assumi solo mezza pasticca. Quell’opuscolo doveva andare alle comunità di recupero. Invece l’ho ricevuto a scuola. Mio padre ha fatto una battaglia per toglierlo dagli istituti e l’ha vinta. Ha iniziato ad andare nelle scuole, mi ha chiesto di accompagnarlo». Ha accettato subito? «Ho capito che era il mio progetto di vita. Ho cominciato incontrando i ragazzi. Poi mi sono resa conto che il problema erano anche i genitori. Dovevano capire che il drogato non sempre è il figlio degli altri, non sempre è la persona disagiata, non sempre è il ragazzo problematico. La droga colpisce in qualunque momento e in qualunque famiglia. Non bisogna demonizzare, ma neanche sottovalutare il rischio. Bisogna essere informati e consapevoli del danno a cui si può andare incontro». Che cambiamenti ha visto in questi dieci anni? «L’età in cui si utilizzano le sostanze si è molto abbassata. I ragazzi di oggi, forse più dei loro coetanei di un tempo, hanno un estremo bisogno di essere ascoltati e capiti. Ogni giorno ricevo una media di dieci messaggi sulla mia pagina Facebook. Molti ragazzi si confidano. Ho dato l’allarme per l’autolesionismo, una piaga che colpisce già ragazzi di 12-13 anni. Se incontro trecento di loro, almeno cinque mi parlano dei loro problemi di autolesionismo. La droga va spesso di pari passo con esso, la bulimia, l’anoressia. Oppure è il passo successivo».  L’impegno di oggi, oltre agli incontri nelle scuole?  «Sto portando avanti il progetto ‘Restarting Milano’. In pratica, aggiungere una materia scolastica: educare alla vita, sviluppando, con la prevenzione, tutte le abilità emotive, cognitive, relazionali di base del ragazzo perché riesca a superare i momenti difficili della vita senza ricorrere alle sostanze stupefacenti o a comportamenti devianti, ma grazie alle proprie risorse personali. L’obiettivo è quello di sviluppare o aumentare l’autostima, l’autoefficacia e la fiducia in se stessi, tre perni fondamentali per una crescita sana ed equilibrata».  Giorgia, un consiglio, il primo, al ragazzo che va in discoteca. «Non credersi invincibile. Si pensa sempre di esserlo, soprattutto da adolescenti. Anch’io la pensavo così. È vero che non sempre succede, ma può succedere. A me è andata bene, anche se sono e sarò una paziente a vita, devo prendere immunosoppressori per evitare il rigetto e fare controlli periodici. Se ti va male, muori. Come sono morti Yannick, Kristel Macarini, la sciatrice bergamasca, Maxim che doveva fare il trapianto di fegato e non c’è arrivato, Luca che il trapianto lo aveva fatto ma non l’ha superato, Olivia e Jeffrey, che sono morti insieme, e adesso Lamberto».

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