Part time, vittoria delle cassiere "Hanno il diritto a orari fissi"

Il Tribunale accoglie il ricorso contro Bennet: "I turni non possono essere imposti unilateralmente". Insidie nella giungla della grande distribuzione, che ormai conta il 50% dei lavoratori a tempo parziale

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di Andrea Gianni

Chi lavora part time ha diritto ad avere orari fissi, e l’azienda non può modificare unilateralmente i turni, senza un accordo. Lo ha stabilito il Tribunale del Lavoro di Milano, che ha dato ragione a due dipendenti dell’ipermercato Bennet di Cesano Boscone, assistite dal sindacato Filcams-Cgil di Milano. Le donne hanno vinto la causa, almeno in primo grado, ottenendo un risarcimento e una sentenza che impone all’azienda di ristabilire gli orari fissi. "Da quando Bennet ha rilevato il negozio nel 2020, ha imposto unilateralmente i propri orari – spiega la Filcams – obbligando i lavoratori a turnazioni a proprio piacimento. L’azienda è rimasta in questi mesi ostile ad ogni ipotesi di trattativa sulla questione ed è dovuta arrivare la sentenza del giudice a dichiarare illegittimi i turni Bennet e condannare l’azienda ad un oneroso risarcimento ai lavoratori. Un’importante vittoria, che si spera porterà l’azienda a più miti consigli ed una vera trattativa sull’organizzazione del lavoro non più rimandabile".

Gli orari fissi, infatti, "sono previsti dalla legge per i contratti a tempo parziale". Una norma che tutela chi sceglie un contratto part time per riuscire a conciliare il lavoro con la cura dei figli - e quindi ha necessità di avere turni e orari ben definiti, che non possono variare da un giorno all’altro - e anche chi invece è costretto al part time e deve trovare un secondo lavoro per arrivare a fine mese. Insidie nella giungla della grande distribuzione, che negli anni ha visto erodere sempre di più le tutele per i lavoratori in un settore che conta ormai circa il 50% di part time. Turni “impossibili“ e trasferimenti coatti - come è emerso da diverse vertenze - spesso diventano uno strumento per spingere un dipendente alle dimissioni quando c’è bisogno di ridurre il personale, rendendo impossibile una conciliazione fra lavoro e famiglia.

Poi c’è il part time imposto a chi, invece, vorrebbe lavorare full time. E in questo caso gli orari “scomodi“ impediscono di trovare un’occupazione parallela per arrotondare lo stipendio. Fra i problemi anche la richiesta di lavorare oltre l’orario, in caso di necessità, con straordinari che di fatto non vengono pagati. Oppure il lavoro obbligatorio nei festivi ma pagato poco, e il proliferare di contratti pirata. Ai quattro principali contratti collettivi di lavoro (che i principali sindacati di categoria stipulano rispettivamente con Confcommercio, Confesercenti, il sistema delle cooperative e Federdistribuzione), si affianca una galassia di contratti pirata. Nel terziario se ne contano quasi 200, che spesso pur mantenendo i minimi retributivi, in media si aggirano tra i 1200 e i 1300 euro netti, sottraggono diritti come tredicesima, quattordicesima e straordinari.

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