L’appello del Papa ai milanesi: "No alla rassegnazione che porta all’accidia"

Francesco ha deposto una rosa bianca per San Carlo

Un gruppo di suore in piazza Duomo (Lapresse)

Un gruppo di suore in piazza Duomo (Lapresse)

Milano, 26 marzo 2017 - Appena Papa Francesco ha varcato il portone centrale un lungo e interminabile applauso ha “scaldato“ il Duomo. Quattromila religiosi, tutti in piedi, hanno salutato e accolto con gioia il Pontefice (c’era chi fra le suore agitava le sciarpe gialle di benvenuto) e Francesco ha ricambiato con altrettanto trasporto, salutando e stringendo mani durante la sua processione nella navata centrale, fino ai piedi dell’altare.

Il cardinale Angelo Scola ha più volte ringraziato il Papa per la visita (e il Papa ha mostrato di aver gradito tutto dell’organizzazione): «Siamo grati per la modalità scelta per questo incontro, a forma di dialogo. Stiamo vivendo un cambiamento d’epoca, e non un’epoca di cambiamenti: allora uscire verso i fratelli e le sorelle uomini, privilegiando gli ultimi, diventa espressione di misericordia che ristora e dà pace». Parole che il Pontefice, qualche minuto dopo, loderà «perché la misericordia che ristora e dà pace sono un buon rimedio contro la rassegnazione che conduce all’accidia». Come primo atto, però, Francesco ieri è sceso nella cripta, accompagnato dall’arcivescovo Angelo Scola, dall’arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo. Qui si è raccolto in un momento di adorazione personale prima di spostarsi nello Scurolo di San Carlo per una sosta di preghiera. Ha deposto una rosa bianca. Un applauso forte, che ha fatto vibrare le corde del cuore, si è levato dal fondo della cattedrale quando Francesco ha incontrato l’ex cardinale Dionigi Tettamanzi nella Sacrestia Capitolare.

Ma il Papa non si è dimenticato di tutti gli altri, sacerdoti e suore (un fedele sulla sedia a rotelle gli ha dato la sua papalina e il pontefice l’ha scambiata) che attendevano soprattutto le sue parole. E sull’altra, seduto al centro, assieme all’arcivescovo, ha cominciato il suo dialogo prezioso sui carismi della vita consacrata e sul ruolo dei religiosi nella società e rispondendo al presbitero don Gabriele Gioia, al diacono permanente Roberto Crespi e a suor Paola Paganoni. E qui, dal concetto di sfida («Dobbiamo temere una fede senza sfide»), sino all’evangelizzazione («non è sempre sinonimo di prendere i pesci, è il Signore che prende i pesci») passando per la minoranza benedetta («c’è la necessità di tornare alla Galilea del primo incontro», forte applauso) e concludendo sul concetto di rassegnazione («Minoranza sì, anziani pure ma rassegnati no!») Papa Francesco ha scelto parole «contemporanee», un linguaggio fresco, attuale, per parlare di cose profonde. Strappando perfino un sorriso quando, a proposito dei diaconi, ha citato le «suocere». «Voi avete le suocere», ha esclamato. «Avete molto da fare». «Dobbiamo stare attenti a non vedere i diaconi come mezzi preti e mezzi laici, alla fine non stanno nè di qua nè di là, questo è il rischio». Cosa devono fare i diaconi? «Avete una vocazione specifica – conclude il Papa – una vocazione familiare che richiama il servizio come uno dei doni caratteristici di Dio». Passa in fretta l’ora del dialogo. Fuori c’è «un altro popolo numeroso» che l’attende per l’Angelus. Prima di congedarsi con i consacrati Francesco dona al cardinale Angelo Scola e alla città di Milano un calice e l’arcivescovo gli ricorda che la Diocesi ha donato al Papa, attraverso la Caritas, 55 abitazioni consegnate a famiglie bisognosi di aiuto.

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