REDAZIONE MILANO

"Pagati 1.300 euro al mese. Non lavoriamo per i guadagni"

Vincenzo Forastieri è un operatore socio-sanitario, un Oss. Ha lavorato per vent’anni in posti molto particolari, "Rsd", cioè residenze...

Vincenzo Forastieri è un operatore socio-sanitario, un Oss. Ha lavorato per vent’anni in posti molto particolari, "Rsd", cioè residenze...

Vincenzo Forastieri è un operatore socio-sanitario, un Oss. Ha lavorato per vent’anni in posti molto particolari, "Rsd", cioè residenze...

Vincenzo Forastieri è un operatore socio-sanitario, un Oss. Ha lavorato per vent’anni in posti molto particolari, "Rsd", cioè residenze sanitarie per disabili, "con pazienti in stato neurovegetativo e con minima coscienza". È "un lavoro non facilissimo", racconta Vincenzo nella testimonianza per l’osservatorio della Fnp Cisl Lombardia sulla non autosufficienza e le Rsa, assistere questi pazienti gravissimi, dall’igiene personale alla nutrizione parenterale, che vuol dire che i nutrienti vengono somministrati direttamente nel torrente circolatorio, senza passare dal sistema gastrointestinale.

Non è facilissimo questo lavoro anche perché è "pesante" fisicamente, dice come ultima cosa Vincenzo, "faticoso per la schiena, il peso degli ospiti spesso è sulle tue braccia". È impegnativo anche perché è un lavoro che prevede "turni il sabato, la domenica, nei festivi, certo non si può sospendere l’assistenza". I turni durano "sette ore quelli diurni e dieci ore le notti. Di notte sei da solo, un solo operatore per tutto il reparto che ha tra i venti e i trenta ospiti, e un solo infermiere in tutta la struttura". Ed è un lavoro, il suo, "che non è pagato adeguatamente". La retribuzione oscilla "tra i 1.200 e i 1.300 euro" netti al mese "per un Asa", un ausiiliario socio-assistenziale. "Noi Oss prendiamo tra gli ottanta e i cento euro in più. Lordi".

Ma, sottolinea Vincenzo, "se fai questo lavoro per guadagnare, dopo due giorni molli e te ne cerchi un altro, che sarà pagato sicuramente meglio. È un lavoro per il quale devi avere affinità", perché la cosa davvero difficile "è il peso emotivo, l’avere a che fare continuamente con la morte".

Giulia Bonezzi